Al momento, per occuparsi degli animali abbattuti o trovati senza vita, sono attive due celle, una di smaltimento e una di stoccaggio, a Cessole. Ne è stata aperta un’altra di smaltimento a Incisa Scapaccino, mentre l’equivalente cella di stoccaggio si trova ad Asti, all’ex macello (in zona di restrizione I), a disposizione delle squadre che cacciano in quei territori. Si mettono gli animali in stoccaggio in attesa delle verifiche sanitarie, mentre ovviamente lo smaltimento avviene quando sia necessario contenere la diffusione della Psa. Procede nel frattempo, a carico delle squadre di cacciatori, il depopolamento.
L’attività viene via via rallentata con l’aumento della vegetazione nelle aree extraurbane per l’arrivo della bella stagione. Su queste pagine scrivevamo delle maggiori reticenze dei cacciatori ad abbattere i cinghiali in nella zona di restrizione II, poiché le normative prevedono che il capo non possa poi essere ritirato né consumato, bensì vada consegnato alle autorità sanitarie per tutte le necessarie verifiche.
L’ipotizzato aiuto a chi svolge attività venatoria è stato possibile grazie a fondi della Regione Piemonte, con l’elargizione di una somma fissa per ogni femmina abbattuta. Dall’azienda sanitaria accennano come sia già stata assegnata la prima parte di questo ristoro, mentre sarebbe prevista una seconda “tranche” in arrivo.