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Economia

Morabito (Cgil): “Patente a punti solo nei cantieri edili: bocciata”

“Il governo dovrebbe mettere mano ad una vera riforma che vada a contrastare il fenomeno dei tantissimi infortuni mortali e invalidanti”

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Beppe Morabito, componente della segreteria Cgil Asti, sul Decreto Legge 19 del 2024 che ha introdotto nei cantieri edili la patente a punti 

Sembra che, nonostante un morto ogni 8 ore e più di duecentomila infortuni all’anno, questo governo non voglia mettere mano ad una vera riforma che vada a contrastare il fenomeno dei tantissimi infortuni mortali e invalidanti.
Infatti con il Decreto Legge 19/2024 ha introdotto nei cantieri edili la patente a punti che vedrà il suo avvio dal prossimo primo ottobre. Peccato che tale decreto abbia peggiorato la situazione, cancellando la vecchia norma della patente a punti già esistente nel Decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico della sicurezza sul lavoro) che la estendeva a tutte le attività lavorative, riducendone la sua efficacia ad un solo settore.
Una norma, quella che entrerà in vigore, che non chiamerei patente a punti, ma patente a crediti, viste le soglie al punteggio applicate per un’impresa che non rispetta la sicurezza sul lavoro, che puo’ continuare la propria attività anche solo con 15 punti, partendo da una base di 30 che, una volta persi, possono essere recuperati iscrivendosi a corsi di formazione. Come accade già per la patente di guida.
Nel Decreto Legge non si capisce inoltre quali siano gli enti di formazione presso i quali si possono recuperare i punti persi, aprendo le porte a tanti enti di formazione che rilasciano certificazioni false (fenomeno già censito e non ancora contrastato) e soprattutto che non ha nessun effetto di tipo preventivo, ma che per come è scritto neanche deterrente.

La manifestazione di sabato scorso a Roma

Da anni il sindacato sta reclamando la difesa del diritto costituzionale che garantisce a tutti i lavoratori la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Questo è uno dei motivi che ci ha portati a Roma lo scorso 20 aprile alla manifestazione organizzata da Cgil e Uil, per rivendicare al Governo norme che facciano diventare la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro un vincolo per poter esercitare l’attività d’impresa; cancellino le leggi che negli anni hanno reso il lavoro precario e frammentato; superino il subappalto a cascata che non garantisce la corretta applicazione delle norme di sicurezza sula lavoro; aumentino e migliorino la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; obblighino le aziende ad applicare i Contratti nazionali di lavoro firmati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative ed al rispetto delle norme sulla sicurezza, quali condizioni per poter accedere a finanziamenti e/o incentivi pubblici. E ancora, rafforzino le attività di vigilanza e prevenzione incrementando le assunzioni all’ispettorato del lavoro e presso le ASL, visto il numero esiguo di ispettori che contano in Italia non più 1550 addetti, a fronte di più di 1 milione di aziende sulle quali poter fare ricadere i controlli.
C’è anche la necessità di abbattere il muro culturale che sta abituando lavoratori e cittadini a 3 morti sul lavoro al giorno e al fatto che sia dia per scontato che andando a lavoro può succedere che si muoia.
Sarebbe necessario anche cambiare il modo di chiamare gli infortuni mortali: non più “morti bianche”, ma ciò che sono veramente, ovvero omicidi sul lavoro e per questo introducendone il reato. Anche questo è un tema che il Governo potrebbe apprestarsi ad affermare, così come ha fatto per i morti di incidenti stradali introducendo l’omicidio stradale.

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