Quest’anno la proprietà dell’area ex Way Assauto ha consentito l’accesso illimitato al pubblico per la tradizionale cerimonia che anticipa il 25 Aprile e ricorda i grandi scioperi che diedero vita al movimento che avrebbe portato alla Liberazione dell’Italia e ricorda anche gli operai caduti durante la lotta dell’antifascismo.
E il risultato si è visto perchè lo spicchio di cortile antistante il cippo che si trova all’ingresso principale della storica fabbrica astigiana ha visto radunarsi numerose persone, fra le quali molti ex lavoratori Waya ma anche semplici cittadini.
A portare il saluto del Comune è stato il presidente del consiglio comunale, Federico Garrone, che ha fatto una riflessione sulla sua giovane età: «Io e la mia generazione abbiamo avuto la fortuna di vivere in tempo di pace ma da due anni il 25 Aprile lo celebriamo con una guerra alle porte di casa nostra. Questo deve ricordare a tutti noi l’importanza di lavorare per mantenere la pace».
Toccante l’intervento di Paolo Monticone, presidente Anpi di Asti, che ha ripercorso il tratto più storico a motivazione degli scioperi operai del marzo del 1943, momento in cui venne seminato il robusto albero della Resistenza.
«La città pagò un prezzo maggiore rispetto alla campagna, perchè il mercato nero dilagò e nelle famiglie operaie si faticava a mettere insieme il pranzo con la cena. Così, generazioni pur differenti, vennero accomunate da fatica, salari insufficienti, fame, stanchezza dopo due anni di guerra e salì forte il coraggio di opporsi al regime che le aveva portate a quel limite».
La protesta prese il via alla Triburzio di corso Alessandria e alla Saffa di corso Ivrea poi, in fretta, coinvolse tutte le fabbriche astigiane. Con una presenza massiccia di donne operaie che chiedevano aumento del salario e delle razioni di pane e pasta.
«Ma forte fu anche lo scopo politico delle manifestazioni – ha proseguito Monticone – che un anno dopo venne rafforzato quando oltre al pane fu il senso di libertà a soffocare sempre più. Questo cippo – ha ricordato – vuole ricordare quelle operaie e quegli operai che, a sprezzo della propria vita, consentirono il ritorno alla libertà e alla democrazia del nostro Paese, con esempi luminosi come quello di Remo Dovano, operaio Waya, fucilato al tiro di Sessant per avere affisso manifesti inneggianti alla pace».
Il 25 Aprile al cippo della ex Way Assauto è stata anche l’occasione per parlare ancora del futuro del monumento di cui si parla da una decina di anni alla luce della definitiva cessazione dell’attività industriale e della riconversione dell’intera e vasta area.
Partendo da un fatto certo: per come è stato realizzato e per la sua delicatezza, il monumento non può essere spostato perchè andrebbe in mille pezzi. Può essere riprodotto altrove e se ne possono recuperare alcune parti, come la lapide scritte o la scultura in ferro, ma andrebbe ricostruito da zero.
Le proposte fatte in questi anni sono state di riprodurlo nel parcheggio della Waya che affaccia su corso Pietro Chiesa oppure nel giardino del circolo Way Assauto lì vicino. E’ stata anche avanzata la proposta di realizzarlo nella rotonda verde al fondo di viale alla Vittoria ma stamattina è emersa un’altra idea, avanzata da Silvano Uppo della Uil.
«Perchè non chiediamo alla proprietà di lasciarlo qui dove è? In fondo, qualunque sarà il futuro dell’ex area industriale, si tratterà di un luogo aperto a tutti e serviranno zone verdi, piazzette interne, aree di manovra. E allora basterà lasciarlo stare dove è sempre stato, magari realizzandoci intorno un piccolo giardino e progettando tutto il resto al di fuori di quei pochi metri quadri che rimarranno a perenne memoria non solo degli operai antifascisti ma anche di quella grande pagina di industria astigiana che ha rappresentato la Way Assauto».
(Fotoservizio Billi)