Neanche il tempo di spegnere i riflettori sull’Adunata Nazionale degli Alpini all’Aquila, che già la macchina organizzativa è pronta a ripartire in vista del raduno previsto a maggio 2016 ad
Neanche il tempo di spegnere i riflettori sull’Adunata Nazionale degli Alpini all’Aquila, che già la macchina organizzativa è pronta a ripartire in vista del raduno previsto a maggio 2016 ad Asti. Un grande evento che nel cuore degli Astigiani rimanda con nostalgia all’adunata nazionale organizzata nel 1995 nella nostra città e che per il prossimo anno promette di calamitare centinaia di migliaia di visitatori sulla nostra provincia. Senza dubbio un’occasione di festa e di richiamo ai valori della Patria ma che sotto un profilo più cinico si può sintetizzare in due concetti cari rispettivamente alle aziende e agli enti: business e promozione del territorio. Sì, perché un’Adunata alpina smuove folle oceaniche.
Lo sanno bene i relatori intervenuti al convegno “L’Adunata Nazionale nelle terre patrimonio dell’Umanità. Prospettive e valorizzazione di impatto socio-economico.” tenuto venerdì pomeriggio al Polo universitario ASTISS e organizzato per presentare le potenzialità dell’evento agli amministratori locali. «Da qui ai prossimi 340 giorni ci saranno diversi eventi che accompagneranno l’attesa verso l’Adunata, la prima organizzata in un territorio a tutela Unesco ? ha spiegato Adriano Blengio, Presidente dell’Associazione Alpini di Asti – nell’organizzarla servirà un supporto in risorse umane ed economiche ma il ritorno per il territorio sarà importante». I numeri sembrano confermarlo, dato che al momento si contano già 150 mila prenotazioni. In numeri, quindi, di che cosa parliamo? Hanno risposto a questa domanda il professor Antonio Dallara e il collega Paolo Rizzi dell’Università Cattolica di Piacenza i quali hanno riportato l’esperienza dell’Adunata alpina tenuta nella loro città nel 2014. Gli Alpini registrati e che hanno sfilato nel corso della parata sono stati 71.350 ma i visitatori complessivi ben 350 mila.
Sezionata sotto un profilo statistico, l’adunata ha offerto spunti di riflessione interessanti perché è stato accuratamente analizzato quanto hanno speso nei tre giorni di festa, cosa è stato acquistato e quali attori economici ne hanno beneficiato. Dei 1.200 alpini intervistati e presi come campione, il 53% è risultato provenire dal Nord Italia con un’età media di 58 anni. La spesa ha interessato non solo la città di Piacenza ma l’intera provincia portando benefici soprattutto a strutture ricettive come ristoranti, bar e alberghi ma anche negozi. Il volume complessivo d’affari è stato stimato in 119,8 milioni di euro. Le ricadute nel capoluogo sono state di 70, 6 milioni mentre in provincia di 49,2 milioni di euro.
Scomponendo il dato si scopre che in città la spesa dei partecipanti è stata di 42,5 milioni di euro mentre fuori città si è attestata intorno ai 14 milioni di euro ed in particolare: alloggio e ristoro ( 48,5 milioni), commercio al dettaglio (13 milioni), prodotti gastronomici locali (3,9 milioni). Al di là delle indubbie ripercussioni economiche, i due docenti universitari hanno evidenziato anche i risvolti positivi da un punto di vista sociologico. L’Adunata ha infatti risvegliato sentimenti positivi nella popolazione che ha riscoperto una propria identità territoriale e di attaccamento ai valori della Patria quali fratellanza e solidarietà. Non a caso ben il 72% di coloro che operano o hanno operato nel corpo degli Alpini svolge attività di volontariato contro una media nazionale del 10%.
Lucia Pignari