Viene da chiedersi se non sarebbe stato più appropriato invertire l’ordine dei gruppi in scena ieri sera, lunedì, in piazza Cattedrale
Viene da chiedersi se non sarebbe stato più appropriato invertire l’ordine dei gruppi in scena ieri sera, lunedì, in piazza Cattedrale. La scaletta prevede due freschi vincitori di premi dedicati alla (cosiddetta) musica d’autore italiana: il De André e il Tenco. Il primo assegnato ai Blindur, l’altro a La Scapigliatura, che nel medesimo ordine si esibiscono sul palco di Astimusica.
I Blindur affrontano una mezzora abbondante di scaletta con piglio deciso e privo di timori di sorta presentando il loro folk genuino (“Canzone Per Alex”) venato di aperture ariose e testi pungenti (“Foto Di Classe”), riducendo all’essenziale gli arrangiamenti e tenendo bene un palco che per un semplice duo sembra davvero enorme. Una piacevole sorpresa, anche per il pubblico astigiano che, pur non numerosissimo, dimostra di apprezzare la proposta dei ragazzi campani.
La musica cambia, in tutti i sensi, con l’ingresso in scena dei fratelli Bodini, duo cremonese noto alle cronache musicali come La Scapigliatura. L’accoglienza iniziale sembra buona, grazie anche alla scelta di puntare sui brani più accessibili del disco d’esordio omonimo (“Appassimento”, “Le Donne Degli Altri”, “Dance With You”), ma con il passare dei minuti il live perde intensità facendosi via via più noioso e affettato. I loro riferimenti al cantautorato e all’indie pop “colto”, se dal punto di vista prettamente compositivo offrono idee melodiche e armoniche non banali, sul versante autorale tutto richiamano fuorché quell’urgenza comunicativa che è cifra sostanziale dei grandi artisti.
Forse il palco, forse la collocazione sbagliata in calendario; la distanza tra La Scapigliatura e la platea, eccezion fatta per alcune sparute unità, sembra aumentare con i giri delle lancette. E non sono sufficienti i brani conclusivi della scaletta (“L’ultimo Metrò”, “Neve A Settembre”, “Tenera È La Notte” – per la cronaca i migliori dell’album) e qualche battuta estemporanea (e non divertente) su Fitzgerald o Berlusconi a salvare una performance nella quale, esclusa l’esecuzione, si respira un anticonformismo di maniera, rimpinzato com’è di artefatti riferimenti letterari (e non solo) con cui i Baustelle – per citare il primo paradigma a portata di mano – ci hanno ammorbato per anni.
Il tutto, paradosso tra i paradossi, a fronte di un talento creativo che, per quanto acerbo, va loro riconosciuto, anche da quella decina di persone rimaste in platea a fine concerto dalle quali giunge addirittura la richiesta di un bis. Misteri e meraviglie della musica.
Luca Garrone