Mattinata difficile nell’aula del tribunale di Asti in cui doveva tenersi l’udienza a carico di Anca Egorov, la donna di origini romene sotto processo per circonvenzione di incapace, appropriazione indebita e spendita di banconote false.
Il giudice Bertelli Motta, che ha presieduto l’udienza ha dovuto affrontare due distini momenti piuttosto complicati.
Il primo è stato quello, improvviso, della dismissione del mandato dei due difensori dell’imputata. Gli avvocati Roberto Ponzio e Stefano Caniglia hanno fatto presente di non poter più portare avanti la difesa dell’imputata. Il segreto professionale ha imposto loro di non poter rivelare il motivo di tale grave decisione, ma hanno insistito sul fatto di essere venuti a conoscenza ieri pomeriggio, domenica, di fatti che non consentivano più di difendere la Egorov con la serenità chiesta dalla deontologia professionale.
L’imputata, ancora detenuta agli arresti domiciliari e presente in aula, ha confermato di aver già dato mandato ad altri due avvocati che però stamattina non erano disponibili, avendo avuto l’incarico nella serata di ieri.
Il giudice Bertelli dapprima ha “respinto” la dismissione del mandato di Ponzio e Caniglia ritenendo che non ce ne fossero i presupposti anche alla luce di una recente sentenza di Cassazione. Ma ha dovuto cambiare idea all’insistenza dei due legali che, sempre senza rivelare i motivi alla base del loro distacco, hanno fatto comprendere che proprio non potevano più difendere la donna.
Nominato un difensore d’ufficio, Piera Icardi, il processo è stato rinviato al 4 luglio.
E qui è arrivata la seconda parte difficile. Perchè oggi era previsto di ascoltare una quindicina di testi a difesa dell’imputata, alcuni di loro giunti appositamente alla Romania. Non solo. Fra i suoi testi anche, un po’ a sorpresa, il nipote della parte offesa (difesa dall’avvocato Pierpaolo Berardi con la presenza anche degli avvocati Racconci e Gai nelle loro vesti di amministratore di sostegno e curatore speciale dell’anziana che ha deposto la scorsa udienza) arrivato appositamente dalla Puglia per testimoniare. «Mi sono fatto 2 mila chilometri e 20 ore di treno per arrivare qui dalla Puglia e ora mi dite che non mi ascolterete? Ma se mi avete chiamato voi» ha detto al giudice quando gli è stato comunicato il rinvio.
Ed è partita una discussione accesa sostenuta anche dagli altri testimoni. «Se noi non veniamo ci mandate i carabinieri, ma voi potete invece farci venire e non sentirci? Noi cittadini sempre solo doveri».
Con pazienza il giudice ha spiegato di comprendere il disappunto ma anche che è un’eventualità piuttosto frequente e che il rinvio è stato necessario per garantire il diritto di difesa dell’imputata. Ma per i testimoni è un meccanismo giudiziario che sa solo di beffa e di vessazione.
Addirittura il nipote si è rivolto direttamente all’imputata con le mani giunte supplicando: «Per favore Anca, toglimi dai tuoi testimoni così non devo tornare su il 4 luglio». Ricevendo un “ok” da lei prima che il giudice ricordasse a tutti che qualunque decisione in merito ad eventuali rinunce doveva arrivare dai nuovi avvocati.
Con una coda polemica anche nei confronti del pm Greco, intervenuto per dare man forte al giudice per placare le proteste. Uno dei testimoni l’ha presa male, si è rivolto direttamente a lui con un apprezzamento poco lusinghiero arrivando a chiedere al pm le scuse. E raccogliendo un applauso degli altri testimoni.