Il primo accenno al Sacro Lenzuolo è nel Vangelo di Matteo. Vi si legge: "Dopo la morte di Gesù in croce, fattasi sera, Giuseppe di Arimatea, un uomo ricco, anch'egli discepolo di Gesù, si
Il primo accenno al Sacro Lenzuolo è nel Vangelo di Matteo. Vi si legge: "Dopo la morte di Gesù in croce, fattasi sera, Giuseppe di Arimatea, un uomo ricco, anch'egli discepolo di Gesù, si presentò a Pilato e ne richiese il corpo. E Pilato ordinò di lasciarglielo prendere. Allora Giuseppe avvolse il corpo in un lenzuolo pulito e lo depose nella tomba che da poco si era fatto costruire per sé, scavata nella roccia. Infine, fece rotolare una grossa pietra davanti alla porta della tomba e se ne andò". Sulla stessa lunghezza d'onda è l'evangelista Giovanni.
"Dopo che Pilato gli diede il permesso, Giuseppe di Arimatea andò a prendere il corpo di Gesù, poi arrivò Nicodemo con un'anfora pesantissima piena di profumo: mirra con aloe. I due presero dunque il corpo e lo avvolsero nelle bende con i profumi, come fanno gli Ebrei quando seppelliscono i morti". Il seguito è noto. Dopo aver lasciato trascorrere il giorno del sabato (la festa durante la quale il codice della Legge ebraica, la Mishnah, proibiva di trattare i cadaveri) Maria Maddalena ed altre pie donne si recarono al sepolcro, con l'intenzione di lavare il corpo e cospargerlo di aromi, secondo l'usanza dell'epoca. Trovarono la pietra rovesciata ed il sepolcro vuoto. A terra, stese, c'erano le bende e piegato in un angolo "il sudario che era stato sul volto di Gesù".
Da allora, la Sindone è diventata l'icona più sacra della cristianità, anche se la Chiesa, ufficialmente, mai si è espressa sull'autenticità del reperto anche se ne ha consentito la venerazione. Da Gerusalemme, la Sindone passando per Edessa, Costantinopoli (oggi Istambul) e Atene, giunse a Lirey, in Francia, patrimonio del cavaliere Geoffroy di Charny, avuta in eredità, forse, da un avo che partecipò alla IV Crociata. Infine, nel 1453, il Lenzuolo giunse a Chambéry la capitale del ducato dei Savoia, donata o venduta da Marguerite ultima discendente degli Charny.
Nel 1562, Emanuele Filiberto, duca di Savoia, trasferisce la capitale del ducato da Chambéry a Torino e il 14 settembre 1578 fa altrettanto con la Sindone che vi è rimasta fino ai giorni nostri, ripiegata e chiusa in uno scrigno sopra l'altare, nella cappella reale del duomo di Torino. Dopo l'incendio dell'11 aprile 1997 è conservata in una teca ad alta tecnologia. Da Torino, la reliquia fu spostata una sola volta durante la seconda guerra mondiale e fu nascosta, per motivi di sicurezza, dal 1939 al 1946, nell'abbazia di Montevergine, sui monti del Partenio, a pochi chilometri da Avellino. Va precisato che la Sindone è rimasta di proprietà dei Savoia fino al 1983 quando l'ultimo re d'Italia, Umberto II, prima di morire la donerà al Papa Giovanni Paolo II.
"L'immagine è quella di un maschio con la barba, alto un metro e 78, di circa 79 chili di peso. Un uomo ben costruito e muscoloso, abituato ai lavori manuali. Sul suo corpo ci sono tracce di ferite, contusioni, escoriazioni, trafitture che indicano una morte violenta". L'esame necroscopico compiuto dal medico francese Yves Delage, nel 1902, sul sacro lenzuolo di Torino viene poi ripresa, parola per parola, dall'americano Robert Bucklin, grande esperto di medicina legale, autore nel 1976 di un nuovo, accuratissimo esame. Ed anche successivi esami confermano quanto espresso dai due esperti. Il telo di lino della Sindone presenta una vasta serie di ferite, tutte rispondenti al racconto dei Vangeli.
Trafitture intorno al capo; segni di percosse sul volto, con una tumefazione sull'occhio e la probabile frattura della cartilagine nasale; ben 360 lacerazioni su tutto il corpo che corrisponderebbero a 120 frustate con un "flagrum" romano a tre punte; un ampio squarcio sul fianco tra la quinta e la sesta costola; escoriazioni sulle spalle e sulle ginocchia. Particolare rilevato anche con sofisticati mezzi di indagine microscopica ci dicono che tutte le ferite sono anatomicamente corrette, con un alone che separa sangue e siero, e che la ferita al fianco indica un travaso di liquidi nella cavità pleurica. Inoltre, sul corpo dell'Uomo della Croce, l'addome era rigonfio, tipico di una morte per asfissia. Ma, soltanto dalla metà del secolo scorso, gli scienziati hanno accertato che la crocifissione causava la morte per asfissia del condannato.
Il primo approccio "scientifico" alla Sindone risale al maggio del 1898 quando il torinese (ma astigiano per nascita) Secondo Pia ebbe l'autorizzazione a scattare le prime fotografie sul sacro lenzuolo. E, nella luce gialla della camera oscura, la tela svelò il primo dei suoi misteri: Pia s'accorse che il negativo da lui ottenuto sulla lastra era in realtà un positivo, ancor più dettagliato e leggibile dell'originale. La scoperta destò enorme impressione e, così uno dei più moderni strumenti di osservazione, diventava il più convincente alleato di quanti credevano all'autenticità della Sindone. Nel 1931, le fotografie ormai perfette di Giuseppe Enrie consentirono un esame ancor più dettagliato. Altri esami vennero poi compiuti e tutti accertarono l'autenticità della Sindone e che l'immagine non è un dipinto e non è costituita da alcun materiale di apporto.
Ci sono storici e scienziati (pochi, ad onore di cronaca) che mettono in dubbio che l'Uomo del sacro lenzuolo sia il Cristo. E' chiaro che la fede cristiana non si fonda né mai si fonderà sulla Sindone. Quanti sosteranno, dal 19 aprile al 24 giugno 2015, davanti all'immagine, liberi da pregiudizi e preconcetti, avranno l'opportunità di percorrere, con la mente e il cuore, un cammino di riflessione alla scoperta del mistero della passione di Gesù, narrata dai Vangeli. Tenendo ben presente che "l'immagine eloquente di quell'Uomo martoriato è il simbolo universale della sofferenza dell'uomo di ogni epoca, razza, religione", come sottolineò il Pontefice Giovanni Paolo II nel suo discorso, il 24 maggio 1998 di fronte alla Sindone, nel Duomo di Torino, dove sostò a lungo in preghiera.
Milioni di fedeli vedono in quel telo "L'amore più grande" che è il tema scelto per l'ostensione della Sindone, in occasione del Giubileo salesiano, nel bicentenario della nascita di san Giovanni Bosco. E, domenica 21 giugno prossimo, Papa Francesco andrà in pellegrinaggio a Torino per sostare in preghiera davanti alla Sindone e per onorare la memoria di Don Bosco. E, concelebrerà la Messa in piazza Vittorio Veneto, un'area che offre nel centro storico la capienza più ampia, insieme con la possibilità di "incontrare" il Papa lungo il percorso di avvicinamento alla piazza.