Crisi per la robiola di Roccaverano
Il coronavirus si arrampica in Alta Langa e mette in crisi la sua principale economia: la Robiola Dop di Roccaverano. Il grido di allarme viene dal consorzio che raggruppa i produttori del formaggio ricavato dal latte delle capre allevate rigorosamente a foraggio in un’area tra astigiano e acquese. Nel 2017 le diciassette aziende aderenti all’ente hanno prodotte circa mezzo milione di forme. A causa del lockdown buona parte delle formaggette sono invendute.
Fermi i ristoranti
Fermi i ristoranti, dove il formaggio è particolarmente apprezzato dai gourmet e utilizzato in numerose preparazioni tipiche della cucina monferrina e langarola, chiusi i mercati rionali e i mercatini che, con l’arrivo della primavera, torna(va)no a animare le sagre di paese. Out anche le rivendite tra Piemonte, Liguria e Lombardia dove la Robiola dop di Roccaverano annovera la maggior parte dei suoi estimatori.
Gli esercizi che ancora non hanno abbassato la saracinesca sono difficili da rifornire a causa delle ristrettezze sugli spostamenti. Rimangono aperti i supermercati, ma la concorrenza con altri formaggi italiani e stranieri è forte.
Molti associati rivolti alla grande distribuzione
Fabrizio Garbarino, presidente del Consorzio Robiola Dop di Roccaverano, spiega che «molti associati si sono rivolti alla grade distribuzione, alle mense e ai locali che effettuano la vendita porta-a-porta». Sul sito dell’associazione www.robioladiroccaverano.com è disponibile la mappa dov’è reperibile il prodotto.
In sperimentazione un formaggio a lunga conservazione
La necessità aguzza l’ingegno. Con il latte di capra gli allevatori stanno sperimentando un formaggio a lunga conservazione mantenendo la qualità originaria. Anche se, e questa è un’altra conseguenza dell’emergenza coronavirus, buona parte del latte munto non viene utilizzato, buttato, o venduto a prezzi minimi.
Giovanni Vassallo