Una cosa “normale”, la sfida, nel Dna della famiglia Bosca: quasi 200 anni fa, era il 1831, Pietro Bosca intuì che per crescere non bastava coltivare dell’ottima uva moscato (e lui che era di Sant’Antonio, uno dei cru del moscato, sapeva cosa volesse dire), ma bisognava anche vinificarla e poi vendere il vino. Da quell’idea è nata una cantina che ha sfidato i secoli, ha fatto da culla alla nascita del progetto Unesco (è una delle quattro “cattedrali sotterranee” canellesi) ed è rimasta l’unica, a Canelli, ancora in mano alla famiglia fondatrice.
L’idea è di restituire al territorio («Il Monferrato, perché qui parliamo di Monferrato» dice convinta Polina Bosca) un luogo che diventi punto di fusione «tra storia, identità, luoghi e futuro». Si parte da un luogo che di «irreale» ha ben poco: il palazzotto in via Bosca, a pochi passi dalla stazione, con i finestroni liberty al primo piano, che è stato la prima sede delle Cantine Bosca (e tutt’oggi funziona per l’invecchiamento de vini rossi). Molti canellesi si ricordano quando arrivavano qui i carri colmi d’uva e gli stessi fratelli Bosca si ricordano di aver giocato nel cortile, quando l’attività lo permetteva.
Poi il palazzo è stato poco alla volta abbandonato, a favore della sede di via Giuliani con le sue storiche cantine, anche se resta ancora qualche traccia dell’antica eleganza, come quei tralci di vite che ornano la facciata.
«E qui si inserisce la parte “irreale” del progetto – interviene Polina Bosca – cioè aprire questi locali all’arte, farli rivivere con qualcosa di immateriale com’è appunto l’arte». Un progetto che ha preso poco alla volta forma grazie all’incontro con la project manager Diana Berti e il curatore d’arte Giorgio Galotti e nasce così «Palazzoirreale»: «Un progetto di arte contemporanea che si pone l’obiettivo di fondere i linguaggi dell’arte con il territorio e l’esperienza bicentenaria della casa spumantiera. Il focus è raccontare, attraverso lo sguardo degli artisti, la ricchezza culturale del Monferrato, di Canelli e delle sue Cattedrali sotterranee Patrimonio Mondiale dell’Umanità per l’Unesco spiegano Berti e Galotti.
Il primo artista ospite è il milanese Patrick Tuttofuoco, che firma un’opera destinata a diventare un simbolo del progetto. Si tratta di un’installazione luminosa sistemata sul belvedere del palazzo e visibile dalla strada: la silhouette di due braccia che si intrecciano, sbucando da un cerchio rosso. «Shape shifting» è il titolo dell’opera che si affaccia sul centro di Canelli, «offrendo – spiega Tuttofuoco – alla comunità un segno luminoso, fruibile giorno e notte, con l’ambizione di diventare un simbolo per il territorio».
All’interno, in quella che è stata la cantina, si snoda la mostra dell’artista, con opere provenienti da collezioni private altre dallo studio di Tuttofuoco.
La mostra è visitabile fino all’8 dicembre venerdì, sabato e domenica dalle 11 alle 19 e mercoledì e giovedì su prenotazione (335-6322771).
«Questa è solo la prima di una serie di iniziative che speriamo possano proseguire – annuncia Polina Bosca – l’obiettivo di comporre nel tempo una collezione che diventi parte del patrimonio del Monferrato, contribuendo a riportare la giusta attenzione su questi luoghi».
Una risposta
Bellissima iniziativa quella di portare l’ arte in cantina, dopo l’ esperieza di cenare in mezzo i vitigni e parlare di pittura…io con il M.MARCO TULIPANI .(riconosciuto dalla critica come uno dei maggiori esponenti del metaformismo in ITALIA ) , artista con cui collaboro da anni,abbiamo sperimentato con buoni risultati ..