Ne abbiamo parlato con Gianmarco Cavagnino che, insieme a Sergio Bobbio, Giancarlo Ferraris, Massimo Branda, Gianluigi Bera, Gianluigi Barone, Oscar Bielli e Filippo Larganà, sta portando avanti un’iniziativa che vorrebbe coinvolgere tutta la comunità:
«Il progetto non è solo una celebrazione del patrimonio enologico di Canelli, ma un’azione concreta per mappare, catalogare e valorizzare ogni cantina storica, comprese quelle abbandonate, dimenticate o nascoste da tempo – ci spiega – La città già nel ‘700 era un posto di frontiera del regno dei Savoia, costellata di cantine/magazzini per la conservazione delle derrate. Queste strutture sono poi state dei “frigoriferi naturali” dove hanno trovato posto le eccellenti bottiglie della neonata industria del vino. Tra 800 e 900 erano più di cento i produttori di vermut con cantine, crotin eccetera. Noi pensiamo di censire e ricostruire le storie di questi luoghi e degli instancabili operatori e di restituire a Canelli, dal sottosuolo, le sue radici, le energie che hanno reso grande il nome di un paese di periferia portato in tutto il mondo».