Per tutto il mese di ottobre si potrà visitare la mostra dedicata ai dipinti di Sergio Seglie, organizzata dall’associazione When the Saint e curata da Mario Saini, per il cinquantenario della sua dipartita. Due le sedi espositive, alla cantina Terre dei Santi e alla confraternita di San Bartolomeo.
«Ho conosciuto le opere di Sergio Seglie – spiega il curatore – soltanto alcuni anni fa e mi sono subito piaciute, ho approfondito quindi, per quanto mi è stato possibile, la storia dell’uomo e dell’artista. Nella sua casa-studio, situata nella parte alta di Castelnuovo, oltre a dipingere e insegnare pittura, si giocava a carte, si ascoltava musica e si faceva cultura. Dipingere era la sua attività principale e da quello che ci è dato a vedere sperimentava parecchio, dall’impressionismo alla tecnica divisionista, che si percepisce in alcuni suoi paesaggi, sino ad arrivare all’iperrealismo di alcune figure da lui ritratte, ed in tutti i casi il risultato era eccellente».
Seglie era nato a Torino nel 1913, ma giovanissimo si trasferì con i genitori a Castelnuovo; trascorse la vita sulla carrozzella a causa della poliomielite che contrasse a due anni. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Sanremo, a contatto con il mare che ispirò il suo estro e schiarì la tavolozza. Dopo l’intitolazione di una via castelnovese alla sua persona, avvenuta nel lontano 1986, la figura di Seglie era rimasta nel dimenticatoio.
«Dalle testimonianze raccolte – commenta Gian Carlo Aisassa, presidente di When the Saints – è scaturito un grande affetto che tutto il paese nutriva per Sergio, in piccola parte per la sua condizione fisica, ma in massima parte per la sua abilità nel dipingere e nel rapportarsi amichevolmente con i castelnovesi. Sergio entrava nel cuore delle famiglie con un ritratto dei figli, con una natura morta, con una marina, con quadrettini dipinti ad hoc per un matrimonio o altre ricorrenze, con il quadro imponente che il capo famiglia acquistava e che faceva bella mostra in salotto. Sono trascorsi 50 anni dalla morte ma l’ho ritrovato vivo, nelle sue opere ricevute in prestito per la mostra, nelle testimonianze e nei ricordi, nell’affetto percepito».