La sola ipotesi di poter candidare Asti a ospitare il nuovo termovalorizzatore del Piemonte ha già messo in allerta, in Consiglio comunale, alcune forze politiche di minoranza. Ipotesi su cui l’amministrazione Rasero e gli uffici del comune stanno facendo le dovute valutazioni per decidere se rispondere, entro la fine di dicembre, all’appello lanciato dall’Autorità regionale dei rifiuti che ha chiesto ai comuni e ai consorzi piemontesi di farle sapere se ci sia un interessamento ad accogliere l’impianto, ma solo nel caso non si decidesse di ampliare le linee di lavorazioni all’interno del termovalorizzatore esistente alle porte di Torino.
Ipotesi rimandata al mittente e contro cui prendono posizione i consiglieri Bosia e Briccarello (Uniti si può), Malandrone (Ambiente Asti) e Miroglio (Verdi). «In commissione, diversi mesi fa, l’amministrazione aveva affermato che Asti non si sarebbe candidata. Oggi invece, come accade puntualmente, apprendiamo il contrario dall’assessore Luigi Giacomini, cioè che si sta addirittura già cercando un terreno – commentano i quattro consiglieri – Ancora una volta una cosa è certa: di sindaco e assessori non ci si può proprio fidare. Proprio loro che in commissione avevano detto che Asti non si sarebbe candidata perché non poteva, oggi cambiano le carte in tavola e lo fanno in modo sommario e superficiale».
I consiglieri chiamano in causa proprio l’assessore all’Ambiente Giacomini che, interpellato dal nostro giornale, ha detto di essere «favorevolissimo» all’ipotesi di avere un termovalorizzatore ad Asti. «Senza alcun tipo di nuovo confronto» aggiungono dalla minoranza. «Asti risulta essere la più piccola provincia del Piemonte, oltre che la meno infrastrutturata, per ricevere le 250 mila tonnellate annuali (di rifiuti ndr) provenienti dal resto della regione – continuano gli esponenti della minoranza – Al di là di questa considerazione “localistica”, tante altre se ne potrebbero aggiungere a cominciare dal fatto che Asti è l’unica provincia del Piemonte ad avere un solo ospedale per 200 mila abitanti. Resta una profonda contrarietà per la tecnologia dell’incenerimento ovunque la si proponga. Anche i più accaniti sostenitori di questa tecnologia non negano l’emissione dagli inceneritori di diossine, polveri sottili, da 200 a 250 differenti composti chimici tossici, un’impronta “carbonio” nell’incenerimento tra i 650 e gli 800 grammi di anidride carbonica fossile per ogni KWh prodotto. […] L’impatto sulla salute dell’incenerimento dei rifiuti è considerato dalla UE pericoloso per l’ambiente. Infatti la UE non finanzia gli inceneritori considerati dannosi non solo per la salute ma anche per l’economia circolare».
Per Bosia, Briccarello, Malandrone e Miroglio «Asti e Provincia devono potenziare gli impianti di riciclo, che devono essere all’avanguardia e prevedere la percentuale minima residua di rifiuto secco da stoccare in una piccola controllata discarica all’esaurimento di quella di Cerro. Tra maxi-opere a favore di commerci che non ci riguardano, inceneritori, caselli a pagamento per le tasche di Anas, posti hospice ceduti ad altri Comuni, – concludono dall’opposizione – Asti viene perennemente sacrificata per giochi di potere tra pochi che nulla portano al benessere degli astigiani: l’inceneritore non lo possiamo proprio ospitare».
[nella foto il termovalorizzatore di Torino – Google Maps]