L'hanno chiamata operazione "socio-amico" ma l'ironia è evidente appena si cerca di capire perchè in carcere siano finiti tre uomini con l'accusa di estorsione. L'indagine
L'hanno chiamata operazione "socio-amico" ma l'ironia è evidente appena si cerca di capire perchè in carcere siano finiti tre uomini con l'accusa di estorsione. L'indagine è partita dall'Astigiano, da Villanova per essere precisi, alla cui Compagnia Carabinieri si è rivolto un imprenditore della zona all'apice di una situazione a dir poco disperata. L'uomo, 56 anni, gestiva una società di recupero di rottami metallici nel Torinese anche se, al momento della denuncia, non era più operativa. La sua disperazione derivava dal fatto che, a più riprese, i tre arrestati erano riusciti a farsi consegnare quasi mezzo milione di euro. Per quest'accusa sono finiti in carcere Davide Torasso, 40 anni residente a Torino, Lino Troia, 43 anni residente a Moncalieri ed Alessandro Troia, 37 anni residente a Carmagnola.
Dopo aver chiesto di essere ricevuto dai carabinieri di Villanova, la vittima dell'estorsione ha fatto una lunga e dettagliata ricostruzione di quanto avvenuto. Tutto è iniziato a metà del 2011 quando l'imprenditore astigiano, dovendo recuperare una somma di denaro da quello che riteneva un amico, Davide Torasso, rilevava la sua attività commerciale, la T&T Recuperi Metallici snc. Nonostante il cambio di proprietà, l'attività continuava ad essere gestita da Torasso che ne curava la collaudata clientela. Ma i guai sono cominciati quasi subito e l'astigiano si è reso conto che non solo non stava recuperando i soldi che gli spettavano, ma che doveva far fronte anche ai numerosi debiti che la T&T continuava a macinare. Per far fronte a questi debiti aveva anche attinto ad alcuni titoli fiduciari in possesso della propria famgilia per risollevare le sorti aziendali senza però alcun successo. Alla fine ha scelto di chiudere l'attività e di ritirarsi pensando a come far fronte ai debiti contratti.
E' a novembre che l'uomo ha ricevuto sul suo cellulare un messaggio da persona a lui sconosciuta che gli chiedeva un incontro urgente e pretendeva anche la presenza del "socio" Torasso. Dopo mezz'ora i due si presentavano all'appuntamento e veniva esibita loro una fotocopia di un assegno del conto corrente della ditta chiusa recante l'importo di 20 mila euro. Dopo aver mostrato ai due una pistola semiautomatica e aver minacciato loro e le loro famiglie, lo sconosciuto aveva preteso, per il giorno dopo, 40 mila euro in contanti per conto di "persone poco pazienti". L'imprenditore astigiano, dopo aver notato che la firma sull'assegno non era la sua ma di una persona che non aveva titolo ad agire sul conto corrente della ditta chiusa, si è confrontato con il socio sul da farsi; quest'ultimo gli diceva di non rivolgersi ai carabinieri prendendosi l'impegno di contattare persone della malavita torinese per ottenere una proroga del versamento dei 40 mila euro. Chiedendo però un anticipo per "oliare" i contatti giusti.
L'astigiano, ignaro che il Torasso fosse invece colluso con l'estorsore, gli ha ancora consegnato del denaro salvo poi rivolgersi ugualmente ai carabinieri che hanno avviato le indagini e hanno scoperto come il Torasso fosse d'accordo con i fratelli Troia per appropriarsi degli ultimi soldi della vittima.
L'ordinanza di custodia cautelare è stata richiesta dal pm Gianfranco Colace e firmata dal gip Paola Boemio.