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Cronaca
Guardia di Finanza

Asti, la Guardia di Finanza chiude l’indagine sugli “schiavi dei polli”

Il titolare egiziano reclutava i lavoratori in nero al centro di accoglienza di Castello d’Annone. Prendevano 5 euro per ogni tir di polli caricato.

Era stata chiamata l’indagine sugli “schiavi dei polli” quella che nel luglio scorso era emersa grazie ad una denuncia della Cgil di Asti che aveva raccolto nero su bianco i racconti di questo lavoro “disperato”.

Un lavoro in cui i richiedenti asilo venivano reclutati e fatti lavorare in condizioni disumane con paghe da miseria. Che non venivano neppure corrisposte. Fu questo, infatti, il motivo del primo accesso agli uffici della Cgil da parte di alcuni migranti che lamentavano il fatto di non esssere stati pagati e di non aver ottenuto il contratto di lavoro fondamentale per il loro permesso di soggiorno.
Una volta ascoltati i loro racconti e fatti primi riscontri, Letizia Capparelli, segretaria Flai Cgil   con il segretario Luca Quagliotti aveva presentato denuncia in Procura per sfruttamento del lavoro.

Le indagini erano state prese in carico dlala Guardia di Finanza di Asti che, nei giorni, ha chiuso gli accertamenti di quella che è stata da loro battezzata operazione “Chicken Game”.

Nel mirino il titolare egiziano dell’azienda agricola San Pol s.an.c. di Calliano, un allevamento di polli che aveva preso grandi commesse per i marchi più noti sul mercato.

Era lui stesso che ogni giorno si recava al centro di accoglienza di  Castello d’Annone per reclutare i quattro lavoratori. In un primo tempo erano in cinque, poi uno di loro si è ritirato dopo poco tempo. Gli altri hanno resistito e hanno imparato bene quello che dovevano fare.
Particolarmente impegnativa la mansione cui erano destinati.
Infatti i quattro richiedenti asilo erano stati assegnati alla soppressione e alla macellazione dei polli dell’allevamento che venivano poi fatti a pezzi e confezionati in vaschette.
Quelle da inviare ai clienti venivano caricate su camion che potevano contenere fino a 1500 pezzi. Per questo lavoro l’egiziano li pagava 20 euro a camion. E non a testa, che già sarebbe stata una miseria, ma da dividersi in quattro. Risultato: 5 euro per stipare un camion di polli macellati.
Ma la parte più disgustosa, per loro stessa ammissione, era l’altra mansione, quella di smaltimento delle carcasse dei polli lavorati e di quelli che, viste le condizioni dell’allevamento, morivano prima della macellazione.
Altri camion da caricare, per i bengalesi e, anche in questo caso, la paga era di 5 euro a camion se ne finivano due con l’aggiunta di 10 euro in più se riuscivano a fare anche il terzo. 10 euro che erano sempre da dividere in quattro.
Un’operazione, quella del caricamento delle carcasse, che i bengalesi facevano a mano, senza essere dotati neppure delle minime dotazioni di dispositivi di protezione individuale. Niente guanti, niente mascherine, niente stivali, niente grembiuli o camici impermeabili, a continuo contatto con il guano dei polli: lavoravano a mani nude così come arrivano da Castello d’Annone e vi tornavano dopo un turno di lavoro. Notturno.

La Guardia di Finanza imputa all’uomo i reati di  intermediazione illecita e  sfruttamento del lavoro oltre a quelli di lesioni personali e minaccia in relazione al trattamento che riservata ai richiedenti asilo.

A queste si aggiungono anche le contestazioni di natura tributaria, già portate lal’attenzione dell’Agenzia delle Entrate per evasione di 160 mila euro sul fronte dlele imposte dirette e di 18 mila euro per le irregolarità previdenziali.

«L’inchiesta della Guardia di Finanza non fa che confermare ciò che da qualche anno denunciamo sul territorio – il commento di Letizia Capparelli –  Non generalizziamo però, perché non sono tutte così le aziende con cui abbiamo a che fare ed anzi ci troviamo spesso realtà in cui il rispetto dei contratti, dei lavoratori e degli animali sono prioritari, ma è chiaro che il “sommerso” di queste indegne ed intollerabili realtà esiste e noi con le istituzioni dobbiamo cercare capillarmente di intervenire per difendere l’anello debole della catena, ovvero i lavoratori che spesso, ignari, vengono sfruttati!
Come Flai Cgil ci siamo per accogliere tutti coloro che vorranno farsi aiutare anche solo per denunciare la loro situazione. Con loro e per loro».

Ma la lotta al lavoro sommerso ha riguardato anche la zona sud della provincia, con accertamenti della Finanza in 32 aziende di Asti e Canelli, anche attraverso sopralluoghi sui campi, in prevalenza cantieri, vigneti e strutture ricettive. Son state vagliate le posizioni lavorative di oltre 200 dipendenti di cui 140 sono risultati in nero o assunti in modo irregolare.

Per questo motivo sono una decina i datori di lavoro che hanno ricevuto verbali di irregolarità e di questi, 3 sono stati segnalati alla Procura per l’impiego di lavoratori senza permesso di soggiorno e altre 3 segnalati all’Ispettorato del Lavoro affinchè venisse comminata una maxi sanzione e la sospensione dell’attività.

Imponente il totale di contributi previdenziali evasi e sanzioni fatto dalla Finanza: oltre 1 milione e 700 mila euro.

(foto di repertorio web)

 

 

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