E’ una novità per Asti ed è al passo con i tempi che, tristemente, richiedono una sempre maggiore specializzazione nei reati contro le donne e in famiglia.
Parliamo di uno studio psicoforense che affianca la normale trattazione difensiva di reati per violenza ad una consulenza psicologica professionale. Sia nel penale che nel civile.
Ad averlo attivato è l’avvocato Maura Lanfranco (cui sono rivolte le domande) con la psicologa ed educatrice specializzata in sex offender Monica Caccia.
Che valore aggiunto offre uno studio psicoforense?
Aiuta a comprendere meglio i casi che si trattano. Ho seguito diversi master in psicologia giuridica applicata e questo mi consente di cogliere segnali che la dottoressa Caccia poi approfondisce facendo sedute riservate con le clienti. In questo modo, avvocato e psicologo possono valutare e gestire meglio i casi e fare una più corretta quantificazione di eventuali danni da richiedere in sede di processo.
In quali casi si applica il “tandem” avvocato e psicologo?
Maltrattamenti, reati in famiglia e, violenze sessuali, principalmente. Ma è molto utile anche nelle separazioni più travagliate e conflittuali. Soprattutto se sono presenti minori.
Il suo impegno non è solo professionale, vero?
No. Mi sono sempre più avvicinata allo studio dei reati sessuali e di maltrattamenti e ho allargato il mio impegno, in forma volontaristica, all’educazione nelle scuole, su questi temi.
Ci faccia un esempio.
Siamo stati anche recentemente in alcune classi del liceo artistico, classico e dell’istituto Sella a presentare il caso di Filippo Turetta, autore dell’omicidio di Giulia Cecchettin. Al liceo Scientifico abbiamo tratto un tema attuale: il freezing.
Ci spiega di cosa si tratta e perchè è un tema importante da affrontare?
Lo vedo spesso anche nel mio studio: una donna che subisce violenza ha ricordi confusi e frammentari di quanto ha passato. Questo, finora, viene usato come potente strumento di deligittimazione della denuncia e di discredito del trauma subito. In realtà si tratta di una reazione di autoprotezione del nostro cervello. Il non ricordare non è sintomo di menzogna, ma di autoconservazione.
Come lo spiegate ai ragazzi?
Soprattutto attraverso esempi e la proiezione di un video tratto dal sito del giornale francese Le Monde in cui più ragazze vittime di violenza, raccontano le loro esperienze spiegando perchè hanno rimosso i ricordi dei momenti più brutti e perchè non sono state in grado di ribellarsi al loro violentatore. E’ illuminante.
Quale altro argomento portate in classe?
Stiamo facendo approfondimenti sui maltrattanti, per capire cosa capita nella testa degli uomini (prevalentemente ma non solo) per arrivare ad usare violenza su una donna.
Che risposta c’è?
E’ una deriva della psiche ferita nell’infanzia. Quasi tutti sono cresciuti con la sindrome di “bambini mai visti” ovvero persone cui non è mai stata insegnata l’educazione emotiva. Bambini che erano stati accuditi ma non amati. Protetti ma mai seguiti davvero e non hanno mai sviluppato empatia verso il prossimo. Raramente si tratta di soggetti con evidenti disturbi psichici; più spesso appaiono come persone normali, affidabili, comuni.
Perchè è importante parlarne a scuola?
Perchè in realtà i segnali sono già presenti fin dalla tenera età. E se non sono i genitori a coglierli, allora possono farlo insegnanti ed educatori più sensibili.
E quando si intercettano?
C’è tutto il tempo per seguire un percorso che scardina i meccanismi che, da adulto, potrebbero portare ad usare violenza.
Qui il video di cui ha parlato nell’intervista l’avvocato Lanfranco.