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Unesco, il dossier ridimensionatoconsegnato oggi a Parigi
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Unesco, dopo 10 anni quanto vale nell’Astigiano? L’analisi dell’Associazione e dei sindaci

In crescita l’interesse per le aree da parte dei turisti stranieri, ma i residenti hanno poca consapevolezza

A oltre dieci anni dall’iscrizione dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato nella lista del Patrimonio Unesco, uno studio approfondito sugli impatti sociali, economici e comunicazionali, condotto dal professor Guido Guerzoni di Formules, rivela un bilancio dettagliato che mette in luce notevoli successi e qualche criticità. I dati economici e sulla comunicazione, presentati dall’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, sono molto positivi e testimoniano l’effetto trasformativo del riconoscimento Unesco.

L’impatto economico complessivo generato dal riconoscimento è stato di oltre 209 milioni di euro e un dato ancora più interessante è il ritorno di 2,37 euro sul territorio per ogni euro speso, a dimostrazione di come il turismo legato al sito Unesco alimenti l’economia locale. Sul fronte comunicazionale, l’effetto “cassa di risonanza” è stato potente: in un decennio, la copertura mediatica ha raggiunto un valore monetario stimato in 32 milioni di euro. L’Unesco ha contribuito a rafforzare la reputazione nazionale e internazionale dell’area, che ora è riconosciuta prevalentemente come meta di raffinate esperienze gastronomiche.

L’indagine ha analizzato l’evoluzione di vari settori chiave, tra il 2014 e il 2024, registrando trend positivi. Nel settore immobiliare, si è osservato un aumento del prezzo al metro quadro nelle Langhe e una crescita del volume delle transazioni in tutta l’area. Il turismo ha visto una crescita notevole nelle core zone del sito, con gli stranieri che hanno allungato la durata media del soggiorno, sebbene i viaggiatori italiani abbiano ridotto la permanenza, preferendo le zone buffer. Il settore ricettivo è in trasformazione, con un aumento delle strutture extralberghiere e delle locazioni turistiche, a fronte di un calo della ricettività tradizionale.

È però emerso che il riconoscimento ha avuto un impatto meno significativo sul senso identitario e sull’orgoglio civico dei residenti. Il 78% degli intervistati ritiene che il valore del sito sia riconosciuto e apprezzato più dai turisti che dai residenti e ciò suggerisce una distanza tra il valore materiale generato dalla nomina e il valore percepito dalla comunità.

Intervista a Giovanna Quaglia, presidente dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato

Giovanna Quaglia è presidente dell’Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato.

Presidente, questi dieci anni di Unesco hanno davvero dato una marcia in più ai territori che beneficiano del riconoscimento?

Certo che sì. Abbiamo condotto un’indagine socioeconomica per avere dati concreti per il nuovo Piano di gestione e quello che emerge è una consapevolezza diversa e crescente. Ricordo che quando si parlava della candidatura, molti comuni votarono addirittura contro l’Unesco per paura di vincoli o della difficoltà a fare investimenti. Oggi, invece, sono gli stessi comuni che vorrebbero entrare e ridiscutere i confini, chiedendo di essere inclusi.

Da una diffidenza si è passati a cogliere le tante possibilità, anche economiche, di un progetto che vuole essere volano per l’economia.

La diffidenza iniziale è stata superata dalla constatazione che l’Unesco è un veicolo di promozione fondamentale. Il patrimonio è diventato un motore per la tutela del paesaggio e la preservazione della cultura. Un esempio concreto è l’evoluzione delle cantine: prima spesso erano luoghi solo di conferimento del vino, ma oggi, molte di queste, anche in comuni piccoli, sono diventate strutture di accoglienza, con degustazioni, vendita diretta e persino musei. Ciò ha portato a un incremento significativo del turismo e delle vendite immobiliari, specie da parte di stranieri interessati ad acquistare e ristrutturare case.

Sappiamo che i turisti percepiscono l’area Unesco come un unicum, senza badare ai confini amministrativi interni.

Sì, il turista non si preoccupa dei confini amministrativi o delle distinzioni tra Langhe, Roero o Monferrato. Vede il “patrimonio Unesco” nella sua completezza, e questo è ciò che lo attrae. Prende l’auto e segue un percorso fatto di vigne e piccoli paesi. Questo approccio unitario ha di certo contribuito alla crescita dei flussi turistici e delle vendite immobiliari anche nel Monferrato. Il confine amministrativo è solo nella mente di chi vive qui; chi viene da fuori percepisce l’intera area come un insieme molto attrattivo.

Il nuovo Piano di gestione punta sui giovani e sulle opportunità lavorative. Qual è la visione dell’Associazione in questo senso?

È un punto cruciale perché vogliamo che il riconoscimento Unesco si traduca in economia, posti di lavoro e indotto per il territorio. Abbiamo due linee principali di intervento: lavoriamo con scuole e istituti alberghieri per formare nuove generazioni che siano veri “testimonial” del territorio, ma ci preoccupiamo anche di chi opera concretamente nelle vigne, spesso persone immigrate, per dare loro la possibilità di conoscere la storia e le radici di questo patrimonio. L’obiettivo è creare una comunità sempre più forte e offrire servizi per i residenti e i turisti, mantenendo vivo il tessuto sociale ed evitando lo spopolamento dei paesi.

[di Riccardo Santagati]

La sindaca di Canelli, Roberta Giovine: «Non va ridotto a etichetta turistica»

Sindaca Giovine, già oltre 10 anni sono passati dal riconoscimento. Ricorda com’è iniziata questa avventura?

L’idea del patrimonio Unesco su questi territori è nata a Canelli e Canelli è Unesco. Qui non si può non sentire propria la bellezza che ci circonda e che ci è stata riconosciuta ormai 11 anni fa, al termine di un processo lungo, avviato nel 2003 da Sergio Bobbio e Oscar Bielli, allora Responsabile Manifestazioni e Sindaco di Canelli. Undici anni dopo l’ufficializzazione nel 2014, c’è ancora da lavorare per diffondere la consapevolezza che quella visione audace ci ha regalato.

Il riconoscimento ha incrementato le presenze dei visitatori. È stato raggiunto l’obiettivo che era stato posto?

L’Unesco non va ridotto a etichetta per attrarre i turisti. Riconosce l’eccezionalità del nostro passato e del nostro presente, con le colline lavorate dai nostri viticoltori, un paesaggio unico e affascinante, che a noi canellesi parla dritto al cuore. Esprime la bellezza e l’audacia imprenditoriale testimoniata dalle nostre stupende cantine storiche e che continua oggi, anche attraverso le nostre aziende meccaniche, nate per servire l’enologia e ormai protagoniste del packaging mondiale

Unesco significa visibilità mondiale. I canellesi ne sono consapevoli?

Serve orgoglio e voglia di lavorare insieme per abbellire e celebrare la nostra città. Per farlo, bisogna anche conoscerla meglio: per il secondo anno, nella ricorrenza del riconoscimento Unesco (21 e 22 giugno), abbiamo chiesto alle nostre “cattedrali sotterranee” che sono il luogo dove è “maturata” l’idea di Unesco, di riservare, ai soli canellesi, visite gratuite su prenotazione, a cui ora si aggiungono quelle ai favolosi giardini del Castello Gancia. Ringraziamo tutti per la generosità e invitiamo i cittadini a usufruirne – e a scoprire poi altre cantine nascoste in occasione di Canelli Città del Vino il 12 e 13 luglio.

[di Massimiliano Pettino]

Il sindaco di Nizza, Simone Nosenzo: «L’onere di tutelare il centro»

Sindaco Nosenzo, a distanza di anni dal riconoscimento Unesco, com’è cambiata la percezione dei cittadini?

Siamo contenti che a 11 anni di distanza dal riconoscimento si stia creando una buona consapevolezza. Questo porta a fare investimenti in città: ad aprire hotel, B&B, camere, insomma tutte le formule di ricezione turistica riqualificando anche fabbricati del territorio. Tutto questo nasce dalla grande opportunità che ci ha dato il riconoscimento Unesco. Nicesi e stranieri, soprattutto dal Nord Europa, arrivano e investono sul territorio per portare altre persone.

Qual è stato l’impatto sull’economia locale e in che termini?

Sicuramente ci sono state nuove aperture. Parliamo principalmente di attività turistico ricettive. Anche il settore della ristorazione è, tra virgolette, in un momento, se consideriamo il tutto, positivo dove vediamo aprire sempre nuove attività. Questi flussi turistici aiutano molto la sostenibilità delle attività economiche e da questo vediamo un buon margine di sviluppo negli anni futuri.

Ci sono delle criticità che avete riscontrato dopo il riconoscimento? Per esempio lunghi iter burocratici, sui trasporti o altro

Io non ne rilevo. La maggior parte delle pratiche, soprattutto quelle urbanistiche, deve passare in commissione “paesaggistica”, ma serve per tutelare un territorio bellissimo. Quindi iter delle pratiche nel limite della velocità di quello che serve, ma è per la salvaguardia del territorio. Bisogna mantenere un’alta qualità in questa zona con diversi progetti avviati, lasciando qualcosa di concreto a chi prenderà in futuro il nostro posto. Abbiamo l’onere di dover tutelare il centro storico. L’unico aspetto per il quale oserei dire che si potrebbe mettere una marcia in più è il miglioramento del trasporto, sopratutto nei weekend, che dal punto di vista turistico potrebbe guadagnare ancora in termini di qualità.

[di Nemanja Babic]

Il sindaco di Mombercelli, Ivan Ferrero: «Hanno aperto tante nuove attività»

Sindaco, quali risultati ha avuto Mombercelli dal riconoscimento Unesco?

L’ingresso nell’Unesco ha portato a un aumento complessivo della consapevolezza nel nostro territorio. Molti hanno “aperto gli occhi” sulle indubbie caratteristiche paesaggistiche. Anche attraverso i progetti scolastici, si è iniziato un percorso di scoperta delle bellezze, rendendo i cittadini orgogliosi del luogo in cui abitano.

L’impatto economico c’è stato?

L’Unesco ha portato all’apertura di tante nuove attività, come bed and breakfast e affittacamere, ma non solo. Le cantine che prima accoglievano turisti solo per “cantine aperte” ora sono visitabili tutto l’anno. C’è stata una crescita importante anche nelle attività di ristorazione e nei bar, visibile nella scelta dei vini e nella consapevolezza dei gestori nel raccontare i prodotti. Il turismo di Mombercelli è un “turismo slow”, basato su degustazioni, passeggiate e attività all’aperto. In più sono aumentati i turisti stranieri e molti di loro hanno deciso di acquistare casa.

Quali sono gli aspetti che necessitano ancora di miglioramento?

Sarebbe necessario dare più struttura all’indotto dell’accoglienza, in quanto l’offerta di posti letto e attività per i turisti è ancora un po’ sbilanciata. Dobbiamo crescere nel “fare rete” tra le attività private, cosa che è sempre difficile da concretizzare. A Mombercelli, dobbiamo aumentare i numeri dell’offerta ricettiva e per questo stiamo progettando una nuova area camper e ragioniamo sull’ampliamento del polo sportivo della piscina comunale. Altri esempi positivi sono l’adesione del MUSarMO alla rete Asti Musei e le mostre diffuse tra comuni limitrofi che hanno permesso di far conoscere nuove realtà a turisti e cittadini.

Sarebbe utile estendere le zone Unesco o è meglio consolidare l’attuale perimetro?

Penso che sia utile consolidare il territorio che ha già ottenuto il riconoscimento. Infatti chi visita le nostre zone non distingue tra “buffer zone” e “core zone”, ma apprezza le caratteristiche paesaggistiche nel loro insieme.

[di Riccardo Santagati]

Il sindaco di Moncalvo, Diego Musumeci: «I semi stanno germogliando»

Sindaco Musumeci, come valuta questi dieci anni?

È stata una scelta lungimirante, una grandissima idea: dieci anni fa si è acceso un faro sul nostro territorio. I risultati ci sono, basta guardare i numeri: Moncalvo conta oggi circa 40 strutture ricettive, un dato impensabile fino a qualche anno fa.

Secondo lo studio dell’Associazione Paesaggi Vitivinicoli, molti residenti però non percepiscono ancora il valore di questo riconoscimento.

Mi dispiace sentire questo, sinceramente non lo sapevo. Ma credo che sia solo una questione di tempo. Noi siamo ancora nella fase della semina. I semi stanno germogliando, ma il frutto grande, quello succoso, deve ancora arrivare

Quali sono gli effetti concreti sul territorio?

Il Monferrato è diventato un vero e proprio brand turistico. Una volta nessuno sapeva dove fosse, oggi è riconosciuto, collocato, cercato. Il mercato immobiliare è cambiato: prima le nostre frazioni erano piene di case in vendita, oggi quelle stesse case vengono acquistate subito, soprattutto da chi cerca una seconda casa con un pezzo di terra.

E sul piano paesaggistico?

I turisti rimangono affascinati dal paesaggio, dalla varietà, dai colori, dai boschi, dai frutteti. Questo ci permette anche di offrire esperienze turistiche nuove, autentiche, legate alla terra: il tartufo, l’olio, l’agricoltura.

Quali prospettive per il futuro?

Questo riconoscimento ha ridato forza al Monferrato, ora dobbiamo continuare a lavorare per sviluppare il suo pieno potenziale. Siamo al centro di un triangolo strategico tra Torino, Milano e Genova, in un territorio che è rimasto ‘vergine’ e che ha saputo conservare le sue radici.

[di Luca Mombellardo]

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