Giorni di trepidante attesa questi agli inizi di luglio. Sono tanti, infatti, i lavoratori di origine albanese che attendono l’uscita della circolare Inps che detti la procedura per dare concretezza alla firma dell’accordo bilaterale Italia-Albania in termine di previdenza dei lavoratori.
Un traguardo fortemente spinto dall’associazione astigiana Diaspora, guidata dal presidente Giorgio Rubolino che ha anche organizzato insieme alla Uil un incontro con i connazionali in “odor di pensione”. Durante l’incontro il sindaco Rasero gli ha consegnato diploma e stemma dell’ordine di San Secondo per il suo impegno a favore della comunità albanese nell’Astigiano.
La circolare è tanto attesa anche perchè potrebbe segnare per molti la fine immediata della vita lavorativa per arrivare alla pensione.
L’accordo è stato firmato per consentire agli albanesi che vivono in Italia e agli italiani che vivono in Albania (sempre di più) di poter sommare gli anni lavorati nelle rispettive patrie prima dell’emigrazione a quelli lavorati nel Paese di adozione. Ogni nazione paga la sua quota di pensione, ma fino alla firma del trattato gli anni lavorati prima dell’emigrazione non contavano, costringendo molti albanesi a dover lavorare anche fino alla soglia dei 70 anni. Considerando che, per generazione, la maggior parte di loro svolgeva lavori molto pesanti ed usuranti (braccianti, muratori, badanti, donne delle pulizie) ogni giorno diventava una condanna (e un rischio di infortunio).
«Questo accordo riguarda prevalentemente le leve del 1958 e dintorni – spiega Elena De Luca che per conto del patronato Ital Asti sta seguendo già numerose pratiche – Abbiamo spiegato quali sono le leggi italiane per andare in pensione e che, per molti di loro che già percepiscono la pensione sociale, il ricongiungimento con gli anni lavorati in Albania consente di passare a quella di vecchiaia che ha molti vantaggi: importo maggiore, tredicesima, possibilità di spostarsi liberamente fra i due Pesi (quella sociale prevede solo 29 giorni all’anno di vita fuori dall’Italia) e, soprattutto, reversibilità per il coniuge».
Un accordo che restituisce equità a chi è arrivato in Italia, ha lavorato qui ma sulle spalle aveva già molti anni di lavoro in Albania. Qualcuno di loro non riusciva ad arrivare alla soglia pensionistica nè qui nè in Albania; dopo l’accordo gli anni si sono sommati e possono finalmente fermarsi e vedere la loro vecchiaia con più serenità.
«Bisogna ancora valutare lo “scoglio” del passaggio da sistema retributivo a quello contributivo – spiega ancora la De Luca – Ma la maggior parte delle pratiche che stiamo seguendo porterà dei vantaggi ai lavoratori albanesi in Italia che possono finalmente fermarsi».
Per altri, spiega, l’accordo consentirà anche di recuperare i cosiddetti “contributi volontari” che molto albanesi hanno continuato a versare in patria pur lavorando qui in Italia senza sapere se sarebbero riusciti a maturare la pensione italiana.
La circolare dell’Inps detterà anche le procedure per consentire ai patronati italiani di fare domanda di pensione in Albania per quei cittadini residenti da noi.