Per i genitori che lavorano, con figli minorenni, la chiusura delle scuole da giugno a settembre è sempre più un problema perché devono trovare una sistemazione quando non possono restare a casa con loro. Di solito li affidano ai nonni, quando disponibili, o ai centri estivi, ma la mancanza di servizi pubblici per la primissima infanzia, tra 0 e 3 anni, rende i mesi estivi un incubo per le famiglie, soprattutto per quelle in cui entrambi hanno un impiego quotidiano.
Alcune famiglie riescono ad accedere a servizi privati, ma molte altre non possono permetterseli perché hanno redditi medio-bassi. In caso contrario questi genitori, in particolare le madri, sono costretti a scegliere tra la cura dei propri figli e l’occupazione. Anche i dati Istat mettono in luce questa situazione: nella provincia di Asti il tasso di occupazione femminile è del 64,1%, ma si sta registrando un forte calo tra le madri con figli sotto i 3 anni.
Nei giorni scorsi, come racconta la consigliera comunale del Partito Democratico, Maria Ferlisi, una madre astigiana di un bimbo con meno di 12 mesi, ha risollevato il problema constatando che “essere madre e lavoratrice nel 2025 sono ancora due condizioni che non possono essere esercitate in contemporanea”. La mancanza di asili nido estivi pubblici per tutti, a luglio e agosto, non è solo un problema che riguarda l’educazione o la possibilità economica delle famiglie, ma tocca anche i diritti fondamentali dei genitori, come quello al lavoro e alla parità di genere, l’autonomia economica delle donne e la conciliazione tra lavoro e famiglia, ancora oggi una delle principali sfide sociali per una madre.
Il 55% delle famiglie piemontesi chiede servizi pubblici per i bambini al di sotto dei 3 anni anche nei mesi estivi che la maggior parte dei Comuni non riesce a garantire. La consigliera Ferlisi, facendosi interprete di questo disagio, ha depositato un’interpellanza all’amministrazione comunale di Asti per sapere quali servizi dei nidi comunali siano attivi ad Asti e garantiti durante i mesi estivi, la loro capienza e il numero di famiglie escluse per mancanza di posti; se siano in corso collaborazioni con altri enti per garantire un servizio accessibile e inclusivo e se sia possibile ampliare l’offerta.
«Il Comune di Asti non può ignorare questa emergenza silenziosa che colpisce proprio quelle famiglie che ancora decidono di fare i figli e che in questo periodo storico dobbiamo sostenere e tutelare», scrive Ferlisi la cui interpellanza è stata condivisa anche dai colleghi di partito Michele Miravalle, Luciano Sutera e Roberto Vercelli. «Lasciare sole le madri lavoratrici significa fare un passo indietro nei diritti, nella parità e nella coesione sociale».