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La giostra ai giardini pubblici di Asti è nel Dna di famiglia

Da poco c’è stato il passaggio di testimone tra la famiglia Sforzi, per decenni titolare dell’attrazione, e Manfredini con cui è parente stretta

Basta dire “la giostra dei giardini pubblici” e a tutti gli astigiani, più o meno giovani, viene in mente quella che da oltre quarant’anni è un simbolo della città, divertimento, gioco, ma anche ricordo e nostalgia, tempo passato o che verrà. Ed è davvero tutto questo la “giostra dei giardini” che, dal 1978, continua ad essere uguale a se stessa, ma a incantare generazioni diverse nello stesso identico modo.

Aperta un po’ per caso da Italo Sforzi, giostraio originario di San Damiano che con i due fratelli, Michele e Roberto, girava con tre giostrine per feste e piazze di Piemonte e Liguria, alla fine, quella giostra, ai giardini pubblici di Asti ci rimase e ne prese il nome.

«Fu una specie di esperimento cui parteciparono anche gli altri fratelli – sottolinea Luca, figlio di Italo – e poi rimase solo lui». Nella giostra girano cavallucci, giraffe, c’è una mongolfiera, il trenino, ci sono sogni e c’è anche una piccola Ferrari, che servì da indizio in “Caccia all’uomo”, gioco televisivo condotto nel 1990 da Jocelyn e che fece vincere a Italo e a un altro concorrente alcuni milioni di lire.

All’inizio la giostrina era aperta ai lati ma quando, nel 1991, fu rinnovata vennero aggiunte paratie con i vetri per poter lavorare anche d’inverno. «Era un bel periodo quello – aggiunge Luca – c’era il bar Giardini qui di fronte che portava tanto lavoro, c’era sicurezza, la gente veniva in completa tranquillità».

«Adesso non è più così, questi giardini li hanno lasciati morire ed è un peccato – interviene Fabio Manfredini, marito della nipote di Italo e titolare della giostra dalla scorsa primavera – Alla sera qui c’è poca illuminazione, le persone hanno paura e così alle 20 si chiude». Una crisi decretata anche dalla pandemia del Covid. «Riaprire dopo quel periodo fu difficile, la gente veniva meno – ricorda Luca che entrò attivamente nella gestione dell’attività nel 2009 – Con mio padre ci davamo il cambio sul lavoro – dice – poi alla sua morte, nel 2023, ho provato a rimanere da solo, ma era troppo pesante».

Anche Fabio Manfredini proviene da una famiglia di giostrai alla quarta generazione, tutti con la stessa passione. «Mio nonno Dante, ebbe diciassette figli – racconta con orgoglio – e il mio cognome è quindi in tutti i Luna Park d’Italia».

Intanto lavora sodo per mantenere viva la tradizione. «Quando arrivano tre o quattro bambini c’è ancora la gara a chi prende per primo il codino». Ha poi chiesto e ottenuto i permessi per installare gonfiabili o tappeti elastici adatti anche a bambini più grandi. «L’amministrazione è sempre gentile e disponibile – aggiunge – e se può ci aiuta». Spesso passano persone che ricordano quando portavano i figli o quando, ancora bambini, venivano loro; parlano di Italo che per questo suo lavoro ricevette dal sindaco Fabrizio Brignolo il Sigillo della Città. Qualcuno si commuove. «Ed è emozionante – conclude Fabio Manfredini – tanto che per onorare il fondatore, tra gli adesivi dei personaggi Disney attaccati dietro al bancone, ne ho voluto uno che ritraesse Italo perché questa, sarà per sempre la sua giostra».

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