Ancora una volta il fiuto degli agenti dell’Ufficio Immigrazione ha trovato riscontro nell’indagine proseguita dai colleghi della Squadra Mobile.
Non è la prima volta che un controllo di routine sulle condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno ha riservato delle “sorprese” e ha dato avvio ad indagini importanti.
Questa volta l’attenzione è caduta su una donna cinese in Italia da anni, con regolare permesso che indicava un luogo di residenza presso un cittadino italiano. Ma, di fatto, la donna viveva in un alloggio di corso Alessandria, da sola, e quella residenza era solo un documento di facciata per mantenere la permanenza regolare sul territorio italiano. Anche l’italiano che si è prestato a questo falso, è stato denunciato.
Lei, in quell’alloggio di corso Alessandria, passava le sue giornate ad organizzare gli appuntamenti di quattro connazionali, irregolari su terra italiana, che faceva prostituire.
Le donne (avevano età fra i 30 e i 40 anni) vivevano in due alloggi nella stessa scala di quello in cui viveva lei. Alloggi piccoli, molto modesti, arredati con l’essenziale, una camera da letta unica con i lettini divisi da una tenda. E lì ricevevano i clienti che la loro “maitresse” reclutava attraverso un sistema da vecchia scuola, gli annunci su alcuni giornali cartacei della città.
Il numero di appuntamenti giornalieri cui le quattro prostitute dovevano far fronte non è stato accertato con precisione, ma dalla cifra sequestrata alla donna, doveva essere un giro di clienti abbastanza importante. Considerato anche che le prestazioni avevano costi molto “popolari”.
Ma se la pubblicità aveva preso canali tradizionali, la tecnologia era entrata prepotentemente negli affari dell’arrestata, che la utilizzava principalmente per controllare le donne. Soprattutto in riferimento ai pagamenti in contanti dei clienti, che venivano fatti direttamente a loro, ad ogni prestazione. La preoccupazione della tenutaria del giro di prostituzione era che le donne non si intascassero una parte dei compensi.
Nell’alloggio in cui viveva, i poliziotti della Squadra Mobile hanno sequestrato numerosi cellulari: c’era quello personale, l’altro con il quale prendeva gli appuntamenti con i clienti, altri ancora sui quali erano attivate le app delle telecamere nascoste per tenere tutto sotto controllo ogni momento della giornata.
Sempre nella casa in cui viveva, la perquisizione ha fatto trovare circa 50 mila euro in contanti “archiviati” in un modo molto preciso e singolare: l’armadio di casa era stipato di borsette e borsellini da donna e in ognuno erano presenti delle mazzette divise per importo e taglio. Tutto sequestrato insieme ai cellulari e agli alloggi in cui le quattro donne (colpite da decreto di espulsione dall’Italia) si prostituivano. La Polizia ha accertato che i proprietari dei due alloggi presi in affitto erano all’oscuro dell’attività di ricevimento dei clienti e non sapevano neppure che fossero occupati dalle cittadine cinesi senza permesso di soggiorno, avendo firmato un contratto del tutto regolare con prestanome.