Una rabbia così profonda che quasi non riesce a parlarne. E lei di parole se ne intende, fresca laureata in Scrittura Creativa.
Roxana Maria Sut ha 23 anni e da quando ne aveva 4 si muove sulla sedia a rotelle a causa di una paralisi centrale infantile da cui è discesa la paraparesi spastica agli arti inferiori dovuta ad un parto prematuro. Una diagnosi irreversibile alla quale lei e la sua famiglia si sono rassegnati. Così come la Commissione Invalidità dell’Asl che, alla terza revisione, nel 2012, ha dichiarato permanente la sua invalidità al 100% con indennità di accompagnamento.
Per questo motivo non immaginava che, 12 anni dopo questa dichiarazione e, soprattutto, dopo 4 interventi e una montagna di ore di fisioterapia e di altre cure per mantenere un po’ di quella mobilità “conquistata durante”ereditata” dall’infanzia, un medico dell’Inps le sospendesse l’indennità di accompagnamento e poi anche la pensione di invalidità.
«E’ cominciato tutto nel marzo del 2024 quando ho scoperto che, essendo diventata maggiorenne, avrei dovuto ripetere la richiesta per la Legge 104 a nome mio. Fino ai 18 anni valeva quella fatta dai miei genitori – spiega Roxana – Il mio medico curante ha fatto la richiesta e da lì è partito l’incubo». Per un mero errore materiale, nella richiesta è stata barrata anche la richiesta di aggravamento delle sue condizioni di salute. «Avendo da anni il riconoscimento dell’invalidità permanente al 100% – spiega Franco Valente, presidente dell’associazione Anmic presso la quale Roxana e la madre si sono rivolte (nella foto con la ragazza) – Era evidente che si trattasse di un puro errore di compilazione».
Errore riconosciuto immediatamente dalla Commissione della Medicina Legale dell’Asl che conferma tutti i sostegni economici di legge per chi è nelle condizioni di Roxana.
Tutti i componenti tranne uno, il medico che rappresenta l’Inps in seno alla Commissione, il dirigente medico dottor Ciro De Luca che cambia (ne ha facoltà) l’esito della visita, sospende l’indennità di accompagnamento e chiede una nuova visita di revisione a 3 mesi. Decisione ritenuta dal Giudice priva di alcun senso medico-legale e censurata in toto, accogliendo la relazione del perito.«Non ci potevo credere – racconta Roxana – Sono sulla sedia a rotelle da quando ho memoria e viene messa in dubbio la mia condizione? Sarei la prima ad essere felice di non avere più pensione e accompagnamento. Significherebbe che riesco a camminare ma purtroppo non è così».
Gli fa eco Valente: «La commissione aveva già dichiarato la sua invalidità permanente al 100% sulla base della grave diagnosi che, purtroppo per lei, non lascia alcuna speranza di miglioramento, anzi».
L’Anmic ha consigliato a Roxana di non presentarsi alla visita di revisione fissata a tre mesi e ha preparato un ricorso al Giudice del Lavoro di Asti.
Il consiglio di non andare all’incontro di revisione è stato dettato dal fatto che, in caso di accoglimento del ricorso come era ovvio, se si fosse presentata avrebbe perso il diritto agli arretrati. Ma la sua assenza ha prodotto la sospensione dell’erogazione anche dell’assegno di invalidità. E per la famiglia di Roxana ha significato un momento di difficoltà molto importante.Ad agosto la sentenza del giudice che, come ampiamente previsto, ha dato ragione a Roxana e ha disposto che venisse riattivata l’erogazione sia della pensione di invalidità che dell’indennità di accompagnamento con pagamento degli arretrati e spese legali a carico dell’Inps.
A conti fatti, Roxana è stata circa un anno senza i sostegni che la legge prevede per le persone disabili nelle sue condizioni. Nonostante l’evidenza della sua patologia e un riconoscimento ampio della sua invalidità totale.
«Questo che sembra un caso quasi paradossale – spiega ancora Valente – è molto più diffuso di quanto non si creda. Noi, come ente morale riconosciuto siamo titolati ad operare a sostegno degli invalidi civili, sia per chi deve iniziare da zero il percorso amministrativo e medico legale sia per chi una valutazione già ce l’ha ma viene ritenuta non rispondente alle reali condizioni. Eppure intercettiamo solo il 10% delle persone cui viene negato un sostegno cui ha diritto. Il caso di Roxana dimostra come sia possibile invece farsi riconoscere ciò che la legge prevede per chi è portatore di una invalidità civile».
L’ultima parola spetta a Roxana: «Questa vicenda mi ha tenuta “sospesa” per un anno. E’ stata durissima tornare, dopo tanti anni, a farmi valutare come se io stessi approfittando della mia condizione, dopo tutti gli sforzi fatti e che continuo a fare per accettare la mia disabilità.
Ed è stata durissima vedere la preoccupazione sul volto di mia madre. Per fare un esempio dei suoi grandi sacrifici: mi ha accompagnata a studiare a Torino all’università ad ogni lezione perché i mezzi pubblici non sono affidabili per chi come me ha una disabilità grave. Lei lavorava la sera in un ristorante e il mattino si svegliava presto per portarmi su in auto, si prendeva un cuscino dietro e dormiva in auto aspettando che io finissi le lezioni per riportarmi a casa. Non ci meritavamo questa mortificazione».
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- Elisa Ferrando