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Grimaldi e altri curatori del volume sul body shaming
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«La nostra analisi del body shaming partendo da un’indagine su 5mila studenti»

Presentato il volume “Nella rete del body shaming. Riflessioni teoriche e una ricerca internazionale” che indaga il fenomeno con un approccio multidisciplinare

«Gli studenti astigiani intervistati hanno una bassa o moderata propensione al body shaming, con il 14,5% che presenta invece livelli alti o molto alti. I maschi e gli alunni degli istituti tecnici e professionali tendono ad avere punteggi mediamente più elevati. E anche il tempo trascorso online sembra influenzare la propensione a tollerare maggiormente condotte simili».
Così la docente universitaria Tania Parisi, co-curatrice del volume “Nella rete del body shaming. Riflessioni teoriche e una ricerca internazionale” (Rosenberg & Sellier 2015), illustra parte dei risultati emersi dall’indagine incentrata sulla propensione ad offendere gli altri sulla base dell’aspetto fisico.
Coordinato, oltre che da Parisi, dai professori universitari Paola Borba, Maria Adelaide Gallina, Renato Grimaldi e Cristina Ispas, il volume è stato presentato agli studenti astigiani in occasione di un incontro all’istituto Alfieri.

Il volume

«Il libro – spiega Renato Grimaldi, nel doppio ruolo di curatore e presidente della Fondazione Centro di Studi Alfieriani di Asti, che ha supportato la ricerca – è stata promossa nel 2021 nell’ambito del corso di laurea magistrale in Scienze pedagogiche dell’Università di Torino, in occasione di un ciclo di lezioni condotto da me e dalla collega Tania Parisi, affiancati da Cristina Ispas del Centro Universitario di Resita (Università Babeş-Bolyai di Romania). Abbiamo quindi deciso di lavorare su comportamenti di prevaricazione messi in atto attraverso insulti, prese in giro, umiliazioni, individuati in letteratura come body shaming, nella manifestazione cyber, cioè on line. Per l’attività di ricerca, cui hanno partecipato a vario titolo i numerosi autori del volume, è stato predisposto un questionario somministrato a studenti del biennio di alcuni istituti superiori italiani e romeni, per un totale di circa 5mila ragazzi, di cui oltre mille ad Asti (425 questionari raccolti all’istituto Alfieri, che comprende liceo classico, liceo artistico e istituto Sella; 337 all’istituto Artom e 317 al Monti)».
Oltre alla parte dedicata alla ricerca, il volume comprende due sezioni. «Nella prima – continua Grimaldi – si analizza il body shaming da diverse prospettive disciplinari, dalla sociologia alla psicologia. La terza raccoglie le esperienze di contrasto realizzate in alcune scuole che hanno partecipato all’indagine. E’ anche presente una selezione di opere grafiche realizzate da studenti del liceo artistico Benedetto Alfieri, una delle quali è stata riportata in copertina».

L’influenza della società contemporanea sulla diffusione del fenomeno

Nell’ambito delle analisi multidisciplinari, Roberto Scalon, professore di Sociologia dell’educazione all’Università di Torino, ha analizzato l’influenza della società contemporanea sulla diffusione del body shaming. «Come per tutti i fenomeni sociali – afferma – non è possibile individuare una causa in senso stretto. Tuttavia, sintetizzando il più possibile, sottolineo che la società contemporanea, per il modo in cui si concepisce e si organizza, non ha bisogno di soggetti propriamente umani, bensì di individui efficienti e funzionali. Questa è la condizione dell’integrazione sociale. Ma è una condanna generalizzata, in quanto integrare un soggetto umano neutralizzandone la componente propriamente umana è un paradosso che genera individui alienati, frustrati, nevrotici, pieni di sofferenza psichica: in una parola, sociopatici. L’altro aspetto, che si lega a questo, è che il soggetto psichicamente sofferente, in assenza di un rimedio autentico che risolva le cause della sofferenza, va alla ricerca di rimedi di tipo surrogato. Il più classico è il capro espiatorio, una vittima sacrificale su cui scaricare la rabbia che scaturisce dall’insoddisfazione per la propria esistenza. Tragicamente, è sempre la società tecnologica a fornire i criteri per individuarlo. Tale sarà l’individuo che la stessa società insegna implicitamente a disprezzare perché meno corrisponde al profilo che desidera. Ovvero, le persone che si presentano o che vengono percepite come inefficienti, limitate, deboli, innanzitutto esteriormente, fisicamente».

Le implicazioni psicologiche

Nel volume sono anche sottolineate le implicazioni psicologiche del body shaming nella fascia di età presa in esame durante la ricerca. «Con l’adolescenza – spiega Angelica Arace, docente di Psicologia dello sviluppo all’Università di Torino – il corpo diventa il principale strumento di espressione di sè, ma anche un terreno di confronto con gli altri. Il body shaming può interferire profondamente con questo processo, soprattutto in un periodo della vita dominato dal bisogno di essere accettati».

Le nuove tecnologie

La riflessione multidisciplinare si è anche allargata alle frontiere delle nuove tecnologie. «Abbiamo chiesto a due sistemi di intelligenza artificiale – spiegano nel libro Norberto Albano (Filosofia Nord Ovest) e Sandro Brignone (Laboratorio Gallino) – di generare una serie di immagini realistiche di “studenti adolescenti”. I risultati, ottenuti nel 2024, mostrano la presenza di diversi stereotipi. Ad esempio, gli studenti rappresentati erano in prevalenza adolescenti maschi e “bianchi”, con corporature longilinee o asciutte, talvolta atletiche».
«In un’epoca in cui creare contenuti visivi per piattaforme come Instagram o TikTok è un’attività quotidiana – concludono – comprendere che le immagini e i video prodotti da questi sistemi riflettono pregiudizi culturali e sociali, incorporati nei dati di addestramento, diventa fondamentale per evitare di diventare fruitori o produttori passivi di contenuti distorti. E, inoltre, per promuovere rappresentazioni più inclusive, critiche e responsabili del corpo e della realtà sociale».

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