Un concentrato di passione, umiltà, dedizione allo sport, un orgoglio villafranchese e astigiano: questo in estrema sintesi il “dna” umano e sportivo di Stefano Goria, campione delle due ruote che si è raccontato giovedì scorso alla Pinta di Sport del FuoriLuogo. Il giovane azzurro di mountain bike è partito dai suoi inizi, per poi sfogliare il libro dei ricordi tra le tappe prestigiose della carriera e tracciare gli obiettivi futuri. Un 2025 da urlo quello di Stefano, che ha raggiunto il podio in molte gare internazionali e vestito la maglia della Nazionale in occasione della Marathon a Casella (Campionato Europeo) e nel Campionato del Mondo andato in scena a Verbier in Svizzera.
«Ho iniziato come molti ragazzi con il calcio alla Pro Villafranca – ricorda Goria al cospetto del presidente Villans, Josi Venturini, presente al talk show – Con il passare del tempo ho capito di non avere una spiccata propensione per il football, grazie a un amico ho provato la mountain bike in una società di Vezza d’Alba ed è scoccata la scintilla».
Quando una passione è diventata qualcosa di più? «I primi anni di gare sono sempre stati vissuti da me nel segno del divertimento poi, da qualche stagione a questa parte, l’impegno rivolto allo sport è aumentato sempre più. Oggi la mia settimana è costantemente dedicata alla preparazione, si fa molto fondo per prepararci alle gare ma svolgiamo anche sedute in palestra per preparare il fisico. La disciplina della marathon – ricorda – si sviluppa sempre su chilometraggi ampi, che possono anche superare i 100 km di gara, come in occasione del Mondiale».
Il portacolori della Scott Racing Team durante la stagione vive esperienze nazionali e internazionali… «Tra poco inizia la preparazione. Ho la fortuna di gareggiare in molti luoghi d’Italia e anche in Europa. Avevo anche fatto il passaporto in vista del Mondiale in USA ma non fui convocato, sarebbe bello vivere questo tipo di esperienza. Durante le trasferte agonistiche non abbiamo modo di vivere le città, ci concentriamo principalmente sul teatro della competizione ma è comunque interessante il confronto e la conoscenza reciproca con atleti di altra provenienza». In uno sport solitario come il ciclismo immaginiamo che comunque anche il “gioco di squadra” abbia un ruolo prezioso: «In effetti è così – dice Goria – Nel nostro team siamo in quattro, ci sono meno tatticismi rispetto al ciclismo su strada perchè il concetto di scia e “ruota” è meno incisivo, ma capita, durante le gare, di avere atteggiamenti utili a supportare i compagni, a volte per dargli spazio in fuga, altre per provare uno scatto. Ho la fortuna di far parte di una squadra molto professionale. Abbiamo meccanici, guide tecniche, nutrizionisti che fanno sì che possiamo concentrarci unicamente sulla gara. Sino a poco tempo fa, invece, dovevo chiedere supporto ai miei genitori per effettuare rifornimenti durante il percorso ed era a livello di energie mentali decisamente impegnativo».
Il suo idolo di gioventù? «Nel momento in cui ho iniziato a seguire le due ruote la stella del nostro ciclismo era Nibali, che è sempre stato un riferimento». Stefano fa parte di una bella nidiata di campioni emergenti astigiani composto, oltre che da lui, da Roberto Capello e Matilde Vitillo: «Non li conosco di persona, ma seguo le loro imprese», ricorda Goria.
Quando l’intervista si chiude, la risposta del talento di Maretto è l’essenza del suo “io”: «La gara più bella? La vittoria dell’Alta Valtellina. Era mancato da poche ore mio nonno, volevo ritirarmi, i miei genitori mi hanno suggerito di correre portandolo con me nel cuore. Pensavo di non avere energie per finire la gara, invece al momento giusto sono scattato e ho dedicato a lui il mio successo». Un estratto di come lo sport spesso abbia contorni magici, e doni, a chi lo merita davvero come Stefano, momenti eterni. dove le emozioni si decuplicano. E la storia viene scritta.