Ha partecipato anche una delegazione piemontese alla manifestazione nazionale della Uil svoltasi sabato scorso al Teatro Brancaccio di Roma (foto in alto). Al centro l’esame della Legge di bilancio.
«Abbiamo deciso di non proclamare lo sciopero generale, ma di far sentire la nostra voce nel corso di una manifestazione – spiega Armando Dagna, segretario generale Uil Asti Cuneo – perché abbiamo riscontrato un cambio di metodo. Dopo tre anni in cui non siamo stati ascoltati e siamo stati messi di fronte al fatto compiuto, quest’anno il Governo ha aperto un tavolo di confronto in cui ha recepito le nostre richieste su due temi che ci stanno particolarmente a cuore».
Il riferimento è innanzitutto alla detassazione degli aumenti contrattuali («per facilitare la firma dei contratti collettivi nazionali, che fanno fatica ad essere siglati») e allo stanziamento a favore dei lavoratori pubblici, sempre a sostegno della contrattazione.
«Tuttavia, a fronte di questo riscontro positivo – continua – su molti altri temi siamo ancora distanti. Mi riferisco a questioni quali la sanità, la sicurezza sul lavoro, le pensioni («a partire dalla cancellazione, di fatto, di “Opzione donna”, che ci vede contrari»). Siamo consapevoli che tutto non potrà essere risolto dalla Legge di bilancio, ma siamo convinti che il Parlamento dovrà fare di più. Per questo abbiamo fatto sentire la nostra voce in occasione della manifestazione, per poi continuare il confronto a livello parlamentare, tanto che la Uil sta incontrando i vari gruppi per spiegare il suo punto di vista».
La posizione della Cisl
Ad optare, in luogo dello sciopero, per la manifestazione nazionale a Roma, in programma sabato 13 dicembre in piazza Santi Apostoli, anche il sindacato Cisl. «La nostra scelta – commenta Marco Ciani, segretario generale Cisl Alessandria-Asti – è legata a due motivi fondamentali. Il primo è di principio. Secondo noi lo sciopero generale è l’arma più potente di cui dispone un sindacato, per cui il suo utilizzo va centellinato e riservato ai casi più gravi, in modo che non perda di efficacia».
«Il secondo motivo – prosegue – è il fatto che la manovra contiene anche elementi positivi, oltre a punti da modificare. Alla prima categoria appartengono, ad esempio, la riduzione dell’aliquota media Irpef dal 35 al 33% per il ceto medio (redditi fino a 50mila euro), che finora era stato trascurato in quanto era stata prestata attenzione alle fasce più deboli della società. Oppure la riduzione fiscale al 5% sugli aumenti dei rinnovi contrattuali con tetto a 28mila euro e la detassazione dal 5% all’1% dei premi di risultato o dei buoni pasto digitali fino a 10 euro».
Lasciando l’ambito “fisco e lavoro” e approcciando il settore della sanità, la Cisl approva il rafforzamento del Fondo sanitario nazionale (con 7,4 miliardi in più sul 2026) e gli aumenti contrattuali per il personale sanitario.
«Sono solo alcuni esempi delle misure, ottenute anche grazie all’apporto del nostro sindacato, ma non solo – continua – messe a punto dal Governo in un contesto, peraltro, di ristrettezze di bilancio. Ricordo, infatti, che si tratta di una manovra austera, da 18 miliardi, che però potrebbe contribuire a far uscire l’Italia dalla procedura di infrazione dell’Unione europea».
In merito alla legge, sono però stati riscontrati, come accennato, punti da modificare o migliorare. «Chiediamo – conclude – alcuni interventi, come la riproposizione con nuove regole della pensione “Opzione donna” e con quota 103, la sterilizzazione del cosiddetto “fiscal drug” che erode salari e pensioni, la defiscalizzazione della tredicesima per lavoratori e pensionati».