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Chiesa sconsacrata

Pino d’Asti: appello per salvare la pieve di San Francesco Saverio legato al ricordo dello tsunami del 2004

Franco Ramello vorrebbe raccogliere un gruppo di “volenterosi” per fare i lavori necessari a riaprire la chiesetta in mezzo alle vigne

La storia di una cappella costruita a fine Seicento che incontra la devozione di un cittadino per san Francesco Saverio cui è intitolata e il sogno di vederla di nuovo riaperta al pubblico dopo i necessari lavori di sistemazione del sagrato e dell’altare interno.
La chiesetta è quella che si trova sulla strada che da Pino conduce ad Albugnano, all’incrocio delle sei “strade reali” che conducevano a Torino, Saluzzo, Asti, Casale, Cherasco e Vercelli.
Sconsacrata a metà degli Anni Cinquanta, a metà Anni Duemila vennero fatti degli interventi di messa in sicurezza per il rischio di crollo, ma da allora nulla venne più fatto e da tempo non è più visitabile. Svetta fra le vigne coltivate, su un panorama straordinario ma più nessuno si occupa di riaprirla.
«Ci fu un momento, nel 2003, in cui l’allora amministrazione pensò ad abbatterla, ma per fortuna, un gruppo di abitanti del paese vi si oppose, come pure la Soprintendenza» dice Franco Ramello, impresario e con una lunga carriera di assessore in Comune a Pino. A lui, nell’estate del 2024, venne avanzata la proposta della Curia di acquistarla per il valore simbolico di un euro. «Ci ho pensato ma non potevo accettare, sono alla soglia degli 80 anni – ha risposto – al contrario penso sia più logico costituire un comitato o un’associazione che possa assumersi la responsabilità della manutenzione, dei lavori e dell’uso in comodato della chiesetta».
Di qui il suo appello a mettere insieme un gruppo di volenterosi per impedire che venga cancellato un pezzo di memoria del paese. Storico, artistico, architettonico, paesaggistico.
Per Ramello, poi, San Francesco Saverio (cui è intitolata la chiesetta insieme a San Grato) ha un particolare valore devozionale.
In un libretto corredato di foto e documenti che Ramello ha scritto quest’anno, è raccontato il singolare legame che, a partire dagli anni in cui ha contribuito ai primi lavori di messa in sicurezza, ha stretto con il santo.
Una lunghissima serie di coincidenze spiegabili solo con una fede “dimostrata nei fatti” e segni molto tangibili di questa vicinanza della famiglia Ramello a San Francesco Saverio, gesuita e missionario spagnolo, pioniere della diffusione del cristianesimo in Asia.
Già, l’Asia. Luogo scelto dal figlio di Ramello, Manuel, per il viaggio di nozze con la sposa Antonella. In quel dicembre del 2004 che segnò il peggior tsunami registrato nella storia moderna.
Loro erano a Phuket, in Thailandia e vennero letteralmente sfiorati dalla morte.
Qualche centimetro ancora di acqua nel casotto di cemento in cui si erano rifugiati e sarebbero annegati.
«Stavamo lavorando alla ristrutturazione della cappella e io non riesco a non pensare che san Francesco Saverio abbia avuto un ruolo nella sopravvivenza di Manuel e Antonella».
Di lì in avanti tanti gli incontri con il Santo, tutti descritti nel libro. Da Ramello letti come un invito a impegnarsi, ancora una volta, per riaprire la chiesetta fra le vigne.

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