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Taricco, direttore artistico di Collisioni:«I luoghi devono volere le cose»
Cultura e Spettacoli

Taricco, direttore artistico di Collisioni:
«I luoghi devono volere le cose»

Nei giorni dell'inaugurazione della Douja d'Or abbiamo voluto prendere un caffé con Filippo Taricco, direttore artistico del Festival Collisioni di Barolo, tre giorni in cui questo paese tra

Nei giorni dell'inaugurazione della Douja d'Or abbiamo voluto prendere un caffé con Filippo Taricco, direttore artistico del Festival Collisioni di Barolo, tre giorni in cui questo paese tra le colline diventa un grande palcoscenico frequentato da artisti di fama internazionale e che quest’anno organizza una rassegna di cinque incontri alla Douja d’Or. Ho voluto approfondire con lui come è avvenuto l’incontro tra la Douja e Collisioni e da qui è nata una chiacchierata dal respiro più ampio che coinvolge il dibattito sull’offerta culturale in città.

"È un incontro nato casualmente. La Camera di Commercio ha chiesto a diverse agenzie di organizzazione di eventi di presentare un’idea per la Douja d’Or e, tra gli altri, hanno valutato il nostro progetto. Abbiamo pensato di impostarlo in modo diverso e non limitarci solo a fornire un servizio – gli ospiti famosi – dietro un compenso. Non si è trattato di un affidamento diretto, ma di una partecipazione economica di Douja d’Or alla rassegna Collisioni, che resta autonoma nel reperire gli sponsor." Chiacchierando scopro che l’accordo Douja-Collisioni è stato raggiunto ad agosto, un "periodo d’azione" piuttosto breve e certo reso difficoltoso dalla pausa estiva per quel che concerne i contatti.

Taricco a questo proposito mi dice: "Solo Collisioni poteva prendersi la responsabilità di iniziare i lavori ad agosto", intuisco che dietro questa affermazione c’è la sicurezza di un marchio consolidato, che gode di fama come Collisioni, ma anche una certa propensione personale ad accettare le sfide. D’altronde Collisioni al suo esordio è stato proprio questo, una sfida. È un percorso cominciato da quello che il mio interlocutore definisce "un investimento esistenziale di persone che hanno creduto in un’idea e si sono impegnati per il raggiungimento dell’eccellenza dei contenuti, da lì è poi arrivato tutto il resto, la notorietà e gli sponsor." Ma come si fa ad ottenere l’interesse e il conseguente finanziamento dei grandi sponsor, in un momento economico delicato come questo? "Bisogna puntare sui contenuti e sforzarsi di offrire qualcosa che resti nel tempo, che lasci qualcosa al di là dell’evento in sé. Io credo che si debba pensare in grande, in questo senso Bob Dylan è stato un segno d’eccellenza, nella direzione della grandezza e ha consentito a Collisioni di raggiungere il panorama internazionale."

Prima che possa chiederglielo, Filippo Taricco esprime la sua opinione sul recente dibattito apparso sui giornali astigiani che, partendo dal "caso Astimusica" prosegue interrogandosi su cosa significhi "fare cultura" in città e proporre un’offerta culturale di qualità. "Ho seguito il dibattito e letto la riflessione di Massimo Cotto, che condivido. C’è questa tendenza ad incolpare i Comuni o gli organizzatori se qualcosa non va, ma dobbiamo renderci conto che siamo tutti un po’ compartecipi di questo." Gli chiedo perché. "Perché se per esempio a Matera tutti si impegneranno più di noi, ci bagneranno il naso. Perché sono i luoghi che devono volere che le cose vengano realizzate, con i privati cittadini, i volontari e le aziende. Le manifestazioni si fanno nei luoghi che se le meritano, non possiamo incolpare nessuno dei nostri fallimenti, limitarsi a criticare ha poco senso." Filippo Taricco non vede la questione come un "problema astigiano" a suo parere ogni luogo è paese e anche su Collisioni, all’inizio, si era investito poco.

"Credo che debba passare il concetto che siano anche i cittadini a dovere investire del proprio per migliorare il posto in cui vivono. La forza della cultura di una città non sta nella politica, ma nelle associazioni, nelle persone che costruiscono una rete determinando la qualità delle stesse. Solo così una città può dirsi viva, la politica può aiutare, ma credo non si debba mai guardare con sufficienza le piccole cose che nascono." Taricco vuole sottolineare che "sì, i grandi sponsor sono fondamentali per i grandi eventi, ma lo sono anche gli alberghi, i ristoranti, i volontari che offrono pernotto, cene e impegno per il funzionamento del tutto, anch’essi devono essere considerati sponsor a tutti gli effetti e sono determinanti per realizzare un evento di qualità." Torniamo a parlare di Douja, dell’idea della rassegna Collisioni al suo interno e delle aspettative ad essa connesse. "Questa rassegna che abbiamo fatto in rincorsa è un esperimento, un test che non so dire come andrà, è un andare al di là del luogo. Alba e Asti sono a trenta chilometri e abbiamo necessità di muovere il pubblico. È importante studiare progetti che coinvolgano più territori, dobbiamo riuscire a confederarci e ad "andare nell’altra collina". Collisioni non intende certo colonizzare la Douja, ma portarci l’uno dentro l’altro."

L’esigenza di rivolgersi a nuovi pubblici è un tema che ricorre spesso negli interventi di chi si occupa di cultura in città. Per raggiungerli, la ricetta di Collisioni è risultata vincente: contaminare, fare incontrare diversi contenuti, come per esempio, fare succedere a Dario Fo un concerto di Caparezza. Poi è importante "non spaventare i giovani con la cultura, non deve passare la solita immagine che questa è patrimonio di un’élite che non gli corrisponde e in cui non possono riconoscersi." Bevendo il caffé parliamo anche delle difficoltà affrontate lungo il percorso di crescita di Collisioni. La più grande per Filippo Taricco è stata "all’inizio fare un festival completamente da solo, andando a firmare in banca, andando contro a un po’ di persone e soprattutto al modello Grinzane Cavour, volevamo fare un festival per tutti." Dopo le difficoltà la sua soddisfazione più grande è stata vedere migliaia di giovani affollare Barolo, avendo così la certezza che qualcosa era cambiato.

Filippo Taricco e la sua squadra hanno proposto per la Douja d’Or, un excursus sul cantautorato italiano a cui parteciperà un pezzo della storia della musica italiana. Enrico Ruggeri, Claudio Baglioni, Max Pezzali e Arisa, arricchiranno la Douja d’Or con riflessioni su come la musica stia cambiando e su come abbia raccontato l’Italia negli anni. Discorsi questi che si sposano, secondo Taricco, con il buon vino e le sue eccellenze. Un’offerta ricca quella della Douja D’Or, l’invito del  direttore artistico è di venire per gustare tutte queste diverse esperienze. "Mi piacerebbe vedere il pubblico che dialoga con gli ospiti, che assaggia l’eccellenza del territorio. È un’occasione per tutti, ma anche per gli astigiani, utile anche a capire come viene percepita loro città da chi viene da fuori."

Alessia Conti

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