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Via Guerra, cresce il cumulo di rifiutiNel weekend scaricati vecchi computer
Cronaca

Via Guerra, cresce il cumulo di rifiuti
Nel weekend scaricati vecchi computer

Senza alcun pudore, nonostante i ripetuti sopralluoghi alla montagna di rifiuti fuori dal campo rom di via Guerra, gli scarichi illegali non accennano a diminuire. L'ultimo nella notte fra domenica e lunedì quando è stato scaricato un camion di vecchi computer, estintori ormai inutilizzabili e pneumatici consumati. «Non ne possiamo più e non smetteremo di alzare la voce finchè qualcuno non prenderà provvedimenti. E' da trent'anni che lavoriamo ed investiamo…

Senza alcun pudore, nonostante i ripetuti sopralluoghi alla montagna di rifiuti fuori dal campo rom di via Guerra, gli scarichi illegali non accennano a diminuire. L'ultimo nella notte fra domenica e lunedì quando è stato scaricato un camion di vecchi computer, estintori ormai inutilizzabili e pneumatici consumati.

«Non ne possiamo più e non smetteremo di alzare la voce finchè qualcuno non prenderà provvedimenti. E' da trent'anni che lavoriamo ed investiamo nelle nostre aziende sulla zona industriale e non possiamo più tollerare l'immobilismo dell'amministrazione, delle forze dell'ordine e di tutti coloro che devono tutelare la sicurezza e la salute pubblica». Solo venerdì mattina, in via Guerra, erano tornati imprenditori, fotografi e telecamere per seguire, quasi come in una triste telenovela, l'innalzarsi del muro di rifiuti ed immondizia che costeggia il campo rom. Un problema, quello della salubrità dell'intera zona industriale alle porte di Asti, che preoccupa sempre di più chi lì ci lavora e che si innesta sui frequenti roghi di materiali tossici e plastici che si innalzano dallo stesso campo. A bruciare sono quasi sempre guaine o altro materiale isolante che racchiude il rame, nuovo "oro rosso" da recuperare e vendere ai grossisti.

Rame, ferro, bronzo, inox: sono questi i metalli che i raccoglitori rom cercano con maggiore insistenza perchè vengono pagati bene dai demolitori e dai grandi raccoglitori. Il sospetto è che, per avere rottami "buoni", accettano anche di portarsi via dalle case (ma più spesso dalle aziende) anche altri tipi di scarti e rifiuti che finiscono inesorabilmente per andare ad alimentare la discarica a cielo aperto. Circostanza che è stata più volte smentita dagli occupanti del campo rom. Un guadagno per i piccoli raccoglitori ma anche e soprattutto per le aziende che, in questo modo, riescono a disfarsi dei loro rifiuti senza dover pagare le ditte specializzate ed autorizzate.

Una situazione che è andata peggiorando negli ultimi due anni: oltre ad un problema reale di salute (sarebbero aumentati i casi di persone che lavorano in quell'area sotto accertamento clinico per patologie legate al sistema respiratorio) esiste anche un problema di ordine economico. «E' vero che siamo in crisi, ma questa area industriale è ancora appetibile, per la vicinanza all'autostrada e alla tangenziale e per i servizi che, negli anni, sono stati implementati – spiegano alcuni imprenditori che, oltre alle loro aziende hanno anche lotti e capannoni in affitto e vendita – Peccato che quando arrivano qua e vedono in che zona si trovano, ci fanno i complimenti per la posizione, per la modernità dei capannoni e per le certificazioni, ma poi ci dicono che non se la sentono di comprare o affittare».

Qualcuno addirittura si è informato in Comune per sapere se sono in previsione piani di spostamento del campo rom e altri hanno fatto una stima di 100 mila euro solo per impianti di sicurezza e antifurto adeguati. Così preferiscono andare altrove. «Io stesso ho un nuovissimo capannone comodo a tutto che non oso far visitare perchè è stato scelto da molti occupanti del campo come gabinetto» racconta amaro un artigiano. Il presidente di Confartigianato Biagio Riggio: «Negli ultimi due anni abbiamo perso, a causa dei roghi, delle discariche a cielo aperto e della presenza dei rom almeno una ventina di nuovi insediamenti in questa zona. I proprietari di terreni e capannoni hanno in mente investimenti futuri per 8 milioni di euro, forse servirebbe più attenzione e soluzioni vere a questo problema».

Daniela Peira

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