Ad Asti Vittorio Sgarbi per il lancio della mostra sugli impressionisti
Definirla una conferenza stampa sarebbe fuorviante perché ciò che si è tenuto mercoledì mattina a Palazzo Mazzetti, per la presentazione della mostra “Monet e gli impressionisti in Normandia. Capolavori dalla Collezione Peindre en Normandie”, è stato un preludio di ciò che si potrà vedere venendo ad Asti dal prossimo 13 settembre al 16 febbraio 2020. Un corpus eccezionale di 75 opere, di cui diverse a firma di Claude Monet (1840-1926), tra i fondatori dell’Impressionismo francese e autore di capolavori assoluti dell’arte. Asti sarà per diversi mesi la casa di varie opere di Monet, ma anche di altri pittori che hanno saputo interpretare un movimento artistico tra i più apprezzati al mondo. Tra loro Eugène Boudin, Jean-Baptiste Camille Corot, Gustave Courbet, Eugène Delacroix, Paul Huet, Albert Lebourg, Victor-Stanislas Lepine, Auguste Renoir e Charles Pecrus. Un progetto espositivo che si focalizza sul patrimonio della Collezione Peindre en Normandie, una delle più rappresentative del periodo impressionista, accanto a opere che provengono dal Musée Alphonse-Georges-Poulain di Vernon, dal Musée Marmottan Monet di Parigi e dalla Fondazione Bemberg di Tolosa.
Il curatore Alain Tapié racconta le location del movimento
Mercoledì mattina, nella sala conferenze di Palazzo Mazzetti, c’era anche l’uomo che ha permesso di poter mettere insieme, nella nostra città, una mostra che punta alto in termini di visitatori e di ricadute economiche sul territorio: il curatore Alain Tapié che è stato messo in contatto con il presidente della Fondazione Asti Musei, Mario Sacco, dal critico Vittorio Sgarbi, anch’egli ospite dell’evento di mercoledì. Tapié, appassionato e profondo conoscitore dell’arte italiana, ha spiegato i motivi per cui l’impressionismo francese ha principalmente due location che ispirano gli artisti: la Normandia e Parigi. «In Normandia troviamo il naturalismo, le piccole cose semplici, dalle nuvole ai ciuffi d’erba, alle alghe, che raggiungono una dimensione eroica. Tutti i fenomeni naturali della Normandia si aprono all’immagine e il paesaggio, attraverso i pittori, diventa monumento storico». A Parigi gli impressionisti trovano ispirazione in un altro contesto, quello più reale, ma è il fiume Senna a unire i due tipi diversi di paesaggi facendo da filo rosso tra la natura della Normandia e la “moderna” metropoli parigina.
Sgarbi: «Il Rinascimento si spense con il Risorgimento»
Vittorio Sgarbi, già padrino della precedente mostra su Chagall ospitata a Palazzo Mazzetti, è tornato ad Asti per essere non solo padrino, ma anche «patrono» (sua la qualifica) della nuova mostra, non prima di aver accompagnato i presenti in un interessante viaggio nel tempo tra ‘800 e primi decenni del ‘900 per scoprire la genesi dell’Impressionismo come movimento contrapposto alla disgregazione, almeno in parte, dell’arte italiana. «Fa riflettere pensare che quando nasce l’Italia, nel 1861, l’universalità della nostra arte, iniziata con Giotto e fino a Canaletto, viene meno. Potremmo dire che il Rinascimento si spense con il Risorgimento – spiega Sgarbi – Quando si fa l’Italia, la civiltà artistica italiana si dissolve e il centro del mondo diventa la Francia. In Italia abbiamo qualche scuola locale, la più nota è quella dei Macchiaioli, ma la storia si sposta da Firenze, Venezia, Roma a Parigi. Non è un caso che l’unico pittore italiano universale di quel periodo è Modigliani che ha avuto la fortuna di lasciare Livorno per andare proprio a Parigi».
Sgarbi ha poi continuato il suo intervento focalizzandosi prima su Monet «che grazie alle sue Ninfee è grande come Leonardo Da Vinci», con una pittura che «è dentro di noi, che non sappiamo identificare e definire perché dipinge le sue impressioni e le sue emozioni», poi sugli altri artisti, più o meno noti, tutti ugualmente straordinari interpreti di un momento unico dell’arte. «Le mostre, anche ripetute di impressionisti in Italia – aggiunge il critico – dimostrano l’universalità dei pittori francesi dell’800. Di certo anche ad Asti la mostra avrà un grande successo vedendo quante persone sono venute qui, oggi, ad annusare l’odore dell’arte». Sgarbi è poi tornato su una sua proposta che già all’inaugurazione della mostra di Chagall aveva lanciato ad Asti: la gratuità dei musei per permettere a tutti di godere delle opere d’arte. Non ha dimenticato, però, il suo trascorso, 20 anni fa, da direttore artistico di AstiTeatro: «Attendo di essere richiamato per fare una nuova edizione del Festival che con me, 20 anni fa, ottenne il massimo della popolarità».
Il critico d’arte si “propone” per AstiTeatro
AstiTeatro o meno, Vittorio Sgarbi è già stato invitato dal presidente Sacco a tornare a settembre quando ci sarà l’inaugurazione della mostra su cui non solo la città, ma tutto il territorio punta per richiamare migliaia di turisti italiani e stranieri. Per fare ciò sarà importante la comunicazione dell’evento su più livelli grazie ad un incremento del budget dedicato a promuovere la mostra. «Facciamo cose di alta qualità, ma soprattutto le comunichiamo aumentando il budget, sulla comunicazione, dal 5 al 30% – spiega Mario Sacco – Festeggiamo un anno dalla nascita della Fondazione Asti Musei e abbiamo centrato l’obiettivo di mettere in rete le nostre peculiarità dal punto di vista museale e culturale con un’unica gestione e personale adeguatamente preparato». Sacco ha quindi ricordato i numeri della mostra di Chagall, 47.000 visitatori (80.000 in tutta la rete museale), su Senna, 20.000, e ricordato la presenza a Palazzo Mazzetti del “Codex Astensis” che sarà esposto fino al 7 luglio.