Lunga deposizione ieri in tribunale dove l'ex direttore dell'Asl è accusato di non aver ricollocato il chirurgo nicese in seguito al riordino dei reparti di Chirurgia. «La Regione non ci ha autorizzato» è stata la spiegazione di Robino. E resta il mistero di una lettera di chiarimenti mai arrivata sulla scrivania del direttore
Una lunga deposizione quella di Luigi Robino, ex direttore generale dellAsl di Asti nellambito del processo che si sta celebrando in tribunale e che lo vede imputato chiamato in causa da un ex primario, il dottor Agostino Clemente, 60 anni. Una vicenda che abbraccia gli anni 2006 e 2007, quelli del riordino dellAsl e dei presidi ospedalieri astigiani, per il contenimento di un deficit sanitario che nella nostra provincia aveva già assunto dei contorni molto preoccupanti. Allepoca esistevano due reparti di Chirurgia, quello allospedale di Asti e quello allospedale di Nizza. Questultimo retto proprio dal primario Clemente. Con la riorganizzazione è stato deciso laccorpamento di Nizza con Asti e a capo della Soc riunita è stato nominato il dottor Marino. Una decisione contestata dal dottor Clemente che, pur non entrando nel merito della scelta rispetto al collega, ha preteso di essere ricollocato con pari mansioni di prima, ovvero con una posizione di primario.
Ma questo non è mai avvenuto, anche se, allepoca dei fatti, vi erano dei reparti che non erano guidati da primari ma da facenti funzione e Clemente avesse dato la propria disponibilità a ricoprire lincarico. Ne è nato un processo davanti al giudice del lavoro che ha prima dato ragione allAsl, in appello al medico e oggi è pendente in Cassazione. Ne è nata anche una causa di mobbing nei confronti dellex primario di Nizza e poi un processo penale a carico dellallora direttore Robino.
Che mercoledì mattina ha spiegato le ragioni del suo comportamento e delle sue decisioni.
«La Regione Piemonte ci aveva chiesto un piano di riordino imponendoci importanti tagli e ristrutturazioni. Alla luce di questo ci aveva autorizzato solo 7 soc, ovvero reparti con primario. Fra questi non erano annoverati il 118 e il Pronto Soccorso. Senza autorizzazione non avrei mai potuto offrire al dottor Clemente il primariato di questi due reparti. Uno dei quali, peraltro, è stato soppresso pochi anni dopo».
Una circostanza confermata dal dottor Vittorio Demicheli, allepoca direttore dellassessorato regionale alla Sanità. «Non ricordo» è stata invece la risposta di Robino alla domanda dellavvocato Lamatina, difensore dellavvocato Clemente che si è costituito parte civile nel processo. Il difensore ha chiesto allex direttore se fosse vero che, contrariamente a Clemente, per altri tre primari risultati in esubero dopo laccorpamento dei reparti, venne trovato un nuovo incarico di pari mansionamento. Robino è anche accusato di non aver risposto ad una missiva mandata a dicembre del 2006 nella quale Clemente sollecitava spiegazioni e chiarimenti circa laccantonamento della sua posizione allinterno dellAsl di Asti.
Con la produzione della lettera in originale giunta e protocollata allAsl, la difesa di Robino, sostenuta dallavvocato Aldo Mirate, ha voluto dimostrare che quella missiva non era mai giunta sulla scrivania del suo assistito e quindi non aveva potuto nè prenderne visione, nè dare risposta. Il percorso della lettera allinterno degli uffici Asl è stata anche confermata da Angelo Pescarmona, allepoca dei fatti direttore amministrativo, chiamato anchegli a testimoniare. Il processo riprenderà il 26 giugno.
Daniela Peira