«Lartigianato astigiano è gravemente malato. Basti pensare che, dal 2008 ad oggi, il gettito fiscale riferito alla nostra contabilità (relativa a circa la metà delle imprese associate), è
«Lartigianato astigiano è gravemente malato. Basti pensare che, dal 2008 ad oggi, il gettito fiscale riferito alla nostra contabilità (relativa a circa la metà delle imprese associate), è passato dai 23 milioni di euro ai circa 7 di questanno». Lo ha ricordato il presidente di Confartigianato, Biagio Riccio, allassessore regionale allArtigianato Agostino Ghiglia, invitato nei giorni scorsi nella sede dellassociazione di categoria che associa circa 6.500 artigiani (tra attivi e pensionati) certificati e un migliaio di professionisti di altri settori. «Allassessore – ha spiegato Riccio – abbiamo presentato il quadro di un settore in forte sofferenza per diversi motivi, alcuni dei quali dipendono da un quadro normativo che, secondo noi, ha perso ogni regola di buon senso. E sul quale spesso anche la Regione può intervenire per evitare paradossi o complessi passaggi burocratici che creano problemi ai titolari delle ditte artigianali.
Tanto per fare un esempio, ho ricordato il caso della Commissione per lartigianato (Cpa), di livello regionale, cancellata recentemente per mancanza di risorse, che aveva il compito di filtrare le richieste di iscrizione da parte di chi vuole diventare artigiano, molto utile per evitare abusi o concorrenza sleale, soprattutto in quelle branche del settore dove non sono previsti particolari requisiti di accesso. Ecco, secondo me era un importante filtro, anche se avrebbe dovuto essere dotato di maggior potere, ma è stata abrogata a causa dei costi, peraltro veramente irrisori, per non dire insignificanti, rispetto ai costi della politica e della amministrazione pubblia cui siamo abituati in Italia».
Tra le segnalazioni allassessore Ghiglia («che ho potuto apprezzare per limpegno e la preparazione nel settore», ha sottolineato Riccio), anche altri problemi che affliggono il settore, dalla concorrenza sleale alla pressione fiscale esagerata, fino allassenza di risorse per la formazione degli apprendisti, rimasta sulle spalle delle aziende perché lo Stato non ha più soldi. «Quella della formazione dei lavoratori apprendisti è un caso di mancanza di buon senso», afferma Riccio. «Basti pensare che ho visto idraulici stranieri che non conoscono nemmeno litaliano dover seguire un corso sulle pari opportunità, quando invece è importante che imparino bene il mestiere dal punto di vista tecnico e pratico».
«I costi di tutti questi provvedimenti, che danneggiano le aziende – ha concluso Riccio – alla fine si riversano sulle spalle delle maestranze, perché se le ditte sopravvivono è solo perché licenziano i dipendenti. Più di tante parole, in questo caso, valgono i numeri: dal 2008 al 2013 il flusso delle assunzioni (delle aziende che si avvalgono dei nostri uffici, ovvero la metà del totale degli iscritti) è passato da 2mila a 500 persone».
Elisa Ferrando