Jannacci/ Folla e applausi per l’addio al “poeta” degli ultimi
Don Davanzo: “Diede voce ai tanti anonimi sconfitti della storia”
Milano, 2 apr. (TMNews) – Folla, applausi e commozione nella Basilica di Sant’Ambrogio per l’ultimo saluto a Enzo Jannacci, il cantautore milanese scomparso venerdì a 77 anni. Ad accompagnare il feretro nella chiesa più importante della città dopo il Duomo c’era la moglie Giuliana Orefice e il figlio Paolo, musicista come il padre. Presenti, tra gli altri, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, Renzo Arbore, Adriano Celentano, Ombretta Colli, Massimo Boldi, Mara Maionchi, Dario Fo con Franca Rame, Fabio Fazio, Roberto Vecchioni, Enrico Beruschi, Morgan, Teo Teocoli, Renato Pozzetto e Francesco Salvi. Sull’altare i gonfaloni della Regione, della Provincia e del Comune, oltre allo stendardo del Milan, squadra di cui Jannacci era tifoso.
La cerimonia è stata officiata da don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, che nel corso dell’omelia ha citato diversi brani del cantautore milanese: “‘Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale’ cantavi tanti anni fa, caro Enzo. Ebbene ora ci siamo al tuo funerale e siamo in tanti, e siamo tutti. Ma nella canzone precisavi il motivo, la curiosità: ‘per veder se la gente poi piange davvero’. E anche questo te lo possiamo garantire: la gente ti voleva bene, ti vuole bene, perché non si può non voler bene a chi con la sua arte ha dato voce, assieme ad altri amici che sono oggi in questa basilica, a quelli che la voce non ce l’hanno, ai tanti anonimi sconfitti della storia” ha detto il sacerdote.
“E’ vero: El purtava i scarp del tenis è canzone cantata in quel dialetto milanese – ha proseguito Davanzo – che si è forgiato nei secoli grazie all’influsso delle tante lingue che sono passate da Milano-Mediolanum, la terra di mezzo tra il Mediterraneo e il nord Europa, tra i Balcani e i Pirenei. Un dialetto che, nel raccontare della storia triste di un senza dimora alla ricerca di un amore che non può essere negato a nessuno, ha smesso per un attimo di essere visto come una colonizzazione della ricca ed efficiente terra milanese per diventare una specie di esperanto dell’emarginazione e della denuncia di ogni indifferenza”. La carità “ha bisogno oggi più che mai anche di poeti che ci riportino, come è stato scritto in questi giorni, all’essenziale” e “Enzo è stato questo tipo di poeta” ha concluso il celebrante. Jannacci è stato tumulato nel Famedio del Cimitero Monumentale, luogo di sepoltura dedicato ai milanesi illustri.