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Ai centri d'ascolto il grido d'aiutodi 970 famiglie in difficoltà
Attualità

Ai centri d'ascolto il grido d'aiuto
di 970 famiglie in difficoltà

Le statistiche del rapporto 2012 sulla povertà, stilato dalla Caritas, illustrano il numero di nuclei famigliari che nell'ultimo anno si è rivolto ai servizi dell'organismo diocesano. Circa il 34% delle famiglie astigiane in condizione di povertà – sono 2850 – ha bussato alla porta della Caritas. La maggioranza degli utenti è straniera e rientra in una fascia di età tra i 35 e 44 anni

Sono state 970 le famiglie astigiane che hanno chiesto aiuto ai centri di ascolto della Caritas diocesana nel corso del 2011. Lo dicono i dati del Rapporto Caritas 2012 su povertà ed esclusione sociale in Italia, intitolato "I ripartenti. Povertà croniche e inedite. Percorsi di risalita nella stagione della crisi”, presentato nei giorni scorsi a Roma e contenenti i dati del fenomeno provenienti dalle 220 Caritas diocesane – tra cui, appunto, quella astigiana – le principali tendenze di mutamento, i percorsi di presa in carico delle persone e la mappa dei servizi attivi. Per quanto riguarda la nostra provincia, appunto, il dato di fondo è che, nel 2011, ai centri di ascolto della Caritas si sono rivolte 970 famiglie, un campione significativo (34%) del numero stimato di famiglie astigiane in condizioni di povertà, pari a circa 2.850.

Una stima, questa, calcolata rapportando il numero dei nuclei familiari astigiani (33.492 nel 2011) alle percentuali di povertà relativa e assoluta che caratterizzano il Nord Italia (rispettivamente pari a 4,9% e 3,6%) indicate nel Rapporto annuale 2012 sulla povertà in Italia. In questo modo si calcola che i nuclei che possono rientrare nelle due fasce di povertà sono, appunto, 2.850. Il quadro generale di chi si è rivolto ai centri di ascolto Caritas evidenzia un’utenza mista, con una prevalenza degli stranieri (54,8%) rispetto agli Italiani (33,7%). Per quanto riguarda gli stranieri, la maggior parte provengono dall’Albania (39,7%) e dal Marocco (36,5%), seguiti a distanza da altre etnie (in primo luogo la Romania, pari a 7,7%).

Per quanto riguarda, invece, le fasce di età, il 29,8% degli intestatari delle schede consegnate ai centri di ascolto ha un’età compresa tra i 35 e i 44 anni, seguiti dalla fascia immediatamente più giovane, compresa tra i 25 e i 34 anni (20,5%) , e da quella successiva, compresa tra i 45 e i 54 anni (20%). In generale, poi, il 69,3% vive in una famiglia composta da propri familiari o parenti, seguito da un 18,4% di persone che invece non dichiarano nulla. Andando a “scavare” si nota poi che il 30,8% dei nuclei è costituito da persone che vivono sole, mentre il 19,4% è composto da 4 persone. E’ appena più bassa la percentuale dei nuclei con un solo figlio a carico (17%). In particolare, il 69% degli immigrati ha figli, contro il 43% degli Italiani.

Significativa la condizione professionale che emerge: il 29,2% delle persone che si sono presentate al centro di ascolto sono disoccupate (il 39% delle donne e il 55,7% degli uomini), con una netta prevalenza degli immigrati.
La maggioranza assoluta (46,3%), comunque, è rappresentata dalle persone di cui non è stato possibile definire la condizione professionale.
Data la condizione professionale degli utenti, quindi, non è difficile comprendere come i bisogni individuati siano per la maggior parte (54,8%) legati a povertà e problemi economici, per il 26,1% a problemi di occupazione e lavoro, e per il 16% a problematiche abitative.

Elisa Ferrando

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