Roma, 30 ago. (TMNews) – Ancora nessuna svolta sulla riforma della legge elettorale e, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il dato di fatto è che non ci sono novità rispetto a quanto si sa
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Roma, 30 ago. (TMNews) – Ancora nessuna svolta sulla riforma della legge elettorale e, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il dato di fatto è che non ci sono novità rispetto a quanto si sa ormai da mesi: Pd, Pdl e Terzo polo sono d’accordo su una legge di impianto proporzionale, ma non riescono a trovare un’intesa sul premio da assegnare a chi arriva primo e sul modo di attribuire i seggi, se con le preferenze o con i collegi. Di fatto, manca l’intesa proprio sui punti fondamentali, quelli che decideranno gli equilibri nel prossimo Parlamento e, in fondo, il prossimo Governo. I democratici ripetono le loro condizioni: no alle preferenze e premio del 15%. Il Pdl è disposto ad offrire un “premio consistente al primo partito”, ma per ora non cede sulle preferenze. Le posizioni note ormai da diversi mesi.
L’ipotesi di un baratto ‘legge elettorale-voto a novembre’, è stata ufficialmente smentita dal Pdl e secondo fonti democratiche sarebbe stata fatta uscire da Silvio Berlusconi solo per “confondere le acque e perdere tempo”. Del resto, è difficile immaginare che il leader del Pdl si aspettasse una reazione positiva dal Pd o dal Quirinale e l’idea di una mossa tattica sembra verosimile.
Resta il fatto che l’accordo ancora non si concretizza e appare sempre più chiaro che si tratta di una partita politica, proprio perché in gioco ci sono i futuri equilibri in Parlamento e il prossimo Governo. I centristi vogliono pochi grandi collegi, per evitare di essere schiacciati tra Pd e Pdl e rendere più facile la prosecuzione della grande coalizione (sia pure senza Berlusconi); il Pd chiede almeno una quarantina di collegi e un premio del 15%, perché Bersani non ci sta a farsi soffiare una possibile vittoria elettorale proprio all’ultimo momento; Berlusconi, dato in svantaggio dai sondaggi, ha l’obiettivo di sbarrare la strada al Pd, e da questo punto di vista potrebbe avere una convergenza con i centristi, ma anche quello di evitare l’implosione del Pdl sulla quale punta Casini, pena la marginalizzazione dallo scacchiere politico. Il risultato è che la riforma viene ancora rinviata.