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Amalberto Andrea
Economia

“Tre fasi per riattivare l’economia, con le imprese al centro”

Il presidente dell’Unione industriale, Andrea Amalberto, analizza l’impatto dell’emergenza sanitaria sul sistema produttivo e delinea una strategia di uscita

L’impatto del Covid 19 sul sistema produttivo

Il Covid 19 sta colpendo in maniera pervasiva l’intero sistema produttivo e delle filiere industriali. L’attuale crisi di offerta, per l’immediata paralisi del sistema produttivo, si sta accompagnando ad una crisi della domanda che rischia di innescare un impatto negativo duraturo sul sistema produttivo dell’interno Paese con conseguenze dirompenti su innumerevoli ambiti.
«Il primo impatto – commenta il presidente degli Industriali astigiani, Andrea Amalberto – si è già avuto su ristorazione, entertainament, retail non alimentare, tessile, calzature, turismo, legno-arredo ed edilizia, con relativo trascinamento delle filiere industriali a loro collegate. Ancor più pericoloso potrà essere il diffondersi nel medio termine degli effetti economici del Covid 19 con l’impatto sulle supply chain di settori come automotive, aereonautico ed altro, dove si è spezzata la catena di fornitura globale e ci saranno effetti imprevedibili sulla domanda globale. Il blocco delle produzioni rischia inoltre di disperdere know how, competenze storiche e fiaccare il capitale umano presente nelle filiere».

Strategie e strumenti di supporto efficaci

Il consiglio di presidenza dell’Unione industriale

«Quella che stiamo vivendo – continua Amalberto – è un’emergenza a cui iniziare a porre subito rimedio con una visione chiara e stabile nel tempo, che dia sicurezza e prospettive concrete di recupero. Per far ciò dobbiamo mettere al centro le imprese che sono un bene assoluto da preservare. Per articolare strategie e strumenti di supporto si possono identificare tre fasi distinte, anche temporalmente. Una fase di “sopravvivenza”, in cui un rapido contributo alla liquidità delle imprese è essenziale per evitare l’effetto domino della crisi ed in cui devono essere agevolati anche interventi per evitare la disoccupazione e sostenere il reddito. Una successiva fase di “incentivi alla resilienza” per evitare le naturali reazioni, anche psicologiche, di gettare la spugna. È fondamentale ripartire progressivamente ma con determinazione per dare al Paese, alle imprese, ai lavoratori un’agenda chiara e un quadro certo in cui operare che unisca la necessità urgente di riattivare l’economia italiana adottando tutti i sistemi organizzativi e tecnologici per assicurare la sicurezza sui luoghi di lavoro. E un’ultima fase di “ripartenza”. Superata la fase di emergenza sanitaria ed economica nell’immediato, diventa infatti fondamentale sostenere la domanda interna e mettere in campo una strategia di rafforzamento strutturale del sistema produttivo che sia efficace e rapida nell’attuazione».

La congiuntura in Piemonte

In questo particolarissimo momento storico la congiuntura non può che registrare il crollo del clima di fiducia delle imprese piemontesi, travolte dall’emergenza pandemica.
Lo attesta l’indagine di Confindustria Piemonte realizzata nell’arco delle quattro settimane del mese di marzo, periodo caratterizzato da una rapidissima, e in larga misura inattesa, escalation di contagi e conseguenti provvedimenti restrittivi.
Il peggioramento degli indicatori è eloquente e generalizzato. Nel comparto manifatturiero, quasi il 45% delle imprese prevede una riduzione della produzione, contro il 10% che si attende un aumento. Ancora più drammatiche le previsioni sugli ordinativi: il 50% sconta una contrazione (contro l’11%). Era dal 2009, anno di picco della crisi scoppiata nel 2008, che non si registravano valori così negativi per produzione e ordini. Crollano anche export e redditività. Aumentano i ritardi nei pagamenti – un indicatore molto sensibile alle fasi di brusco deterioramento del mercato. Si impenna il ricorso alla cassa integrazione: quasi un terzo delle aziende prevede di essere obbligata a fare ricorso agli ammortizzatori sociali. Percentuali così elevate non si vedevano dal 2012-2013. Gli indicatori sono progressivamente peggiorati in conseguenza dell’aggravarsi dell’epidemia. Tutti i settori produttivi sono stati colpiti dall’emergenza, in modo abbastanza omogeneo. Unica e parziale eccezione è il comparto alimentare, ma anche in questo caso, per la prima volta da anni, gli indicatori sono negativi.

La situazione in provincia di Asti

La sede dell’Unione industriale

Per quanto riguarda la provincia di Asti le attese sulla produzione registrano un -34,3% ed aumentano le attese sull’utilizzo della Cassa integrazione (+37,1%). «L’emergenza sanitaria in atto ha colpito il nostro Paese in un momento già difficile – commenta il presidente dell’Unione industriale di Asti, Andrea Amalberto. «Alla debole dinamica degli investimenti produttivi si aggiungeva la situazione di crisi strutturale di comparti importanti, a partire dall’automotive, alle prese con un complesso processo di transizione tecnologica. Il blocco delle attività rischia di essere letale per interi settori produttivi e tipologie di aziende. Nessuna impresa, per quanto solida e ben patrimonializzata, può sostenere uno stop prolungato. Confindustria sostiene con forza la necessità e la possibilità di ripartire al più presto. L’obiettivo, primario e irrinunciabile, di tutelare la salute dei lavoratori, è pienamente conciliabile con quello di riaprire le fabbriche».

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