Parla di un “livello senza ritorno” riferendosi alla crisi che sta colpendo il settore vitivinicolo piemonte e nazionale. A farlo è l’associazione Agricoltori Autonomi, quella nata due anni fa sull’onda della protesta europea che portò i trattori in piazza, anche quella astigiana.
«Una crisi che sta portando alla chiusura di numerose aziende a causa del drastico calo dei consumi che ha coinvolto numerose denominazioni di origine controllata e garantita, tra cui l’Asti Docg e, a catena, quello dei vini per il consumo quotidiano – scrive l’associazione in una nota stampa – A fronte di questa realtà, industria e consorzi confermano livelli preoccupanti di stoccaggi invenduti e chiedono la distillazione di emergenza nonostante in anni recenti gli stessi soggetti avessero richiesto sblocchi vendemmiali e addirittura aumenti di superficie vitata per compensare i cali di resa dovuti a condizioni climatiche avverse, fitopatie e danni causati da fauna selvatica».
Agricoltori Autonomi parla stando dalla parte del viticoltore che oggi si trova in una posizione di massima fragilità: «Affronta costi di gestione crescenti con una prospettiva di prezzi che non potranno permettere di coprirli. Il tutto sotto la minaccia di un mancato ritiro del prodotto. Per tutelare il prezzo delle uve alcuni consorzi sono intervenuti con un
abbassamento delle rese nei disciplinari, impedendo in molti casi la rivendicazione a DOCG di parte delle uve presenti in vigneto. Oltre a questa manovra forse indispensabile, ma fortemente impattante sul reddito del viticoltore, alcuni soggetti della filiera propongono ribassi di prezzo delle uve, favorendo esclusivamente l’interesse dell’industria».
Una condotta commerciale che l’associazione non esita a definire una forte speculazione, ancor più dopo anni difficili a causa di siccità e costi di gestione elevatissimi. Una situazione insostenibile per chi in vigna ci va ogni giorno che ha un impatto anche generazionale non indifferente. «A fronte di pochissimi insediamenti di giovani, assistiamo alla chiusura e al ridimensionamento di molte aziende storiche i cui titolari sono costretti a ricorrere a lavori extra, al di fuori della propria azienda per integrare il reddito. E questo comporta un grave impoverimento dal punto di vista umano, sociale e porterà a perdita di competenze e tradizioni oltre che a limitazioni sul mantenimento di quel territorio e di quei paesaggi che fanno da traino al turismo».
Fin qui le ragioni. Poi le richieste per far fronte a questo momento difficilissimo.
«Noi proponiamo la sospensione di tutti i pagamenti alla pubblica amministrazione, in primis i contributi previdenziali Poi un intervento che riduca gli stoccaggio e ristori per le aziende che rappresenterebbero una liquidità ormai indispensabile per sopravvivere. A corollario una maggiore promozione delle Docg da parte industriale e una semplificazione delle pratiche per il ricorso a manodopera occasionale. Alla Regione chiediamo di aprire un tavolo permanente di lavoro che veda seduti intorno tutte le associazioni, grandi e piccole, che difendono gli interessi del comparto agricolo».