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Agricoltura
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La grandine provoca due anni di “buco” dell’Albugnano doc

L’analisi dei danni da parte dell’Enoteca regionale del Comune della denominazione

Più si cerca di quantificare il danno della violentissima grandinata del 21 luglio nella zona fra Castelnuovo Don Bosco, Albugnano, Moncucco, Pino e Passerano e più si moltiplicano i mondi che ha interessato.
Prima di tutto, ovviamente, quello dei viticoltori, che dalle pagine dello scorso giornale, hanno gridato tutta la loro disperazione per aver persofra l’80 e il 100% della vendemmia di quest’anno. Viticoltori in ginocchio, soprattutto i più giovani che, dopo aver fatto una scelta di vita all’insegna dell’investimento sulle colline, stanno meditando di abbandonare le vigne o, almeno, di trovare occupazioni più sicure e di coltivare solo nel tempo libero. Con grande danno a tutto l’indotto agricolo, agrituristico e alla manutenzione del paesaggio.

La grandinata ha poi colpito soprattutto le vigne che donano le uve per quella straordinaria doc che è l’Albugnano, sulla quale l’omonima associazione ed Enoteca stanno facendo da qualche anno un grande lavoro di riqualificazione e di affinamento.
Un lavoro che sta dando i suoi frutti, sia per il riconoscimento della doc, sia per la sua crescente notorietà seppur di nicchia, sia per gli investimenti dei viticoltori con reimpianti.
«In questo areale, negli ultimi quattro anni la superficie vitata è aumentata del 230% – dice Andrea Pirollo, fra le “anime” che ha lavorato all’Albugnano doc e oggi presidente dell’Enoteca Regionale del comune che dà il nome alla denominazione – E, in cinque anni, è quintuplicata la superficie coltivata ad uve per l’Albugnano doc. Il consorzio annovera anche due soci stranieri e i territori vicini chiedono di allargare anche alle loro colline la zona di produzione della nostra doc. I soci stessi puntano all’Albugnano Superiore, il 549, per spingere al massimo la qualità di questo vino».

Segno di un vino di successo e in crescita. Fermato, per due anni, da dieci minuti scarsi di grandinata.
«La grandine ha salvato pochi vigneti di Albugnano purtroppo – dice Pirollo – e dobbiamo aspettarci due anni di “buco” della vinificazione. Una carenza che misureremo più avanti, visto che il disciplinare impone 24 mesi di lavorazione. La nostra associazione, per fortuna, oltre ad un enologo, dispone anche di un agronomo che sta girando tutte le colline per consigliare i trattamenti idonei a salvare il salvabile. Per quest’anno e per il prossimo, visto che le viti hanno subito danni anche nel legno. Sta dispensando consigli per gestire al meglio questa emergenza e “curare” le viti dal fortissimo stress cui sono state sottoposte dall’evento atmosferico estremo. Che arriva ad un anno di distanza da una stagione, quella del 2022, che di estremo ebbe la siccità».

Il 40% dei soci dell’Associazione dell’Albugnano già pratica la coltivazione biologica e l’orientamento generale è quello verso gestioni naturali di diserbo e trattamenti vari.
«La mia visione, di cui non ho mai fatto mistero – conclude più in generale Pirollo – è quella di andare verso un’area unica di produzioni di Freisa, Malvasia, Albugnano senza frammentazione di areali fra le varie denominazioni. Dobbiamo lavorare con il focus rivolto al turismo di prossimità del Torinese, è quello il nostro brand di riferimento. Ma per fare questo – conclude – serve un cambio di mentalità nella gestione delle aziende vinicole, troppo spesso ispirate più a conduzioni di tipo famigliare e molto conservatore rispetto ad un taglio imprenditoriale».

[foto di repertorio]

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