Il caso del cinghiale affetto da peste suina trovato nel territorio di Mombaruzzo, primo in provincia di Asti, è solo l’ultimo episodio ma per Cia Asti e Cia Piemonte è la dimostrazione che non si può più tergiversare.
«Già vent’anni fa dicevamo che la sottostima della fauna selvatica avrebbe danneggiato gravemente il comparto agricolo e l’allevamento.
Oggi vediamo un immobilismo totale rispetto a quanto chiediamo da anni per l’eradicazione del problema – dicono Gabriele Carenini presidente di Cia Piemonte e Marco Capra, presidente di Cia Asti – il grido d’allarme degli agricoltori non può più cadere inascoltato, bisogna che le autorità competenti intervengano al più presto, senza più tentennamenti, abbattendo il maggior numero possibile di cinghiali». Il problema, secondo la Cia è che se non fermata la diffusione della peste suina, si mette a serio rischio tutto un comparto, quello suinicolo, che vuol dire produzione d’eccellenza e quindi anche economia.
Secondo Carenini servono misure straordinarie con mezzi e uomini adeguati.
«Chiediamo l’intervento dell’esercito, non perché siamo improvvisamente impazziti, ma perché non si può lasciare la soluzione di una situazione emergenziale in mano a chi fa il cacciatore per hobby. Servono professionisti che sappiano quello che stanno facendo e lo sappiano fare bene. Il paradosso è che finora abbiamo abbattuto suini sani, per il pericolo di contagio, mentre lasciamo che vadano tranquillamente in giro cinghiali malati e che possono trasmettere l’infezione. Ci sembra evidente che non si ppuò andare avanti così».