Crisi/Cgil: 2012 anno nero lavoro, 520mila in Cig e -8mila euro
“Sistema produttivo frantumato, entro gennaio presentiamo piano”
Roma, 12 gen. (TMNews) – Il 2012 è stato un anno nero per il lavoro, il secondo peggiore dal 1980 a oggi dietro soltanto al 2010 in termini di ricorso alla cassa integrazione. L’anno appena trascorso si è infatti chiuso con oltre 520mila lavoratori in Cig a zero ore (dato che sfonda abbondantemente il muro del milione se si considera il 50% del tempo lavorato) per un totale di un miliardo e 90 milioni di ore di cassa integrazione.
Questi lavoratori sono stati costretti a rinunciare a 8mila euro in busta paga, pari a un taglio complessivo di 4,2 miliardi di euro al netto delle tasse. E’ questo, in sintesi, il bilancio degli effetti determinati dalla crisi secondo l`elaborazione delle rilevazioni dell`Inps da parte dell`osservatorio Cig della Cgil.
Il totale di ore di cassa integrazione registrate dal 2008 al 2012 è stato di circa 4,4 miliardi: nel 2008 si sono registrate 188.821.707 ore (ma con una poderosa crescita a partire dall’ultimo quadrimestre dell’anno con 87.396.558 di ore registrate); nel 2009 la cig ha raggiunto le 918.146.733 ore richieste; nel 2010, con l’introduzione della cassa in deroga, si è toccato il picco con 1.203.638.249; e, infine, nel 2011 si è chiuso con 953.506.796 ore. Con un miliardo e 90.654.222 di ore richieste nel 2012 il totale degli ultimi 5 anni è stato di 4.354.767.707.
“Questi dati – sottolinea il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada – descrivono un sistema produttivo letteralmente frantumato dagli effetti della crisi e dalla cecità di chi prima ha negato e di chi poi non ha agito. Così come la condizione di centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori è di grandissima sofferenza”.
Per la Cgil “serve un’opera di ricostruzione, che deve partire dal lavoro: sarà questo il compito del prossimo Governo. Noi non ci sottrarremo alle responsabilità e faremo la nostra parte presentando, alla conferenza di programma di fine gennaio, un ‘Piano del lavoro’, perché solo il lavoro può dare al paese una prospettiva di sviluppo e di crescita”.