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##Lega mette sul piatto i suoi voti, al Senato siamo decisivi
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##Lega mette sul piatto i suoi voti, al Senato siamo decisivi

##Lega mette sul piatto i suoi voti, al Senato siamo decisivi
Bossi: Dobbiamo farli pesare. Maroni: Governo deve durare 5 anni


Milano, 13 mar. (TMNews)
– La Lega lancia un sasso nello stagno dell’impasse politica nazionale e manda ai partiti un messaggio chiaro: “Ci siamo anche noi e vogliamo contare”. Dopo mesi di teorizzazione di un “ritorno al territorio” per concentrarsi sull’obiettivo della Macroregione del nord, il Carroccio torna nel vivo della politica “romana” e detta le sue condizioni per l’elezione dei presidenti di Camera e Senato e per quella del presidente della Repubblica, alla vigilia dell’incontro di una sua delegazione con il Partito democratico. “Non si può discutere della seconda e terza carica dello Stato senza parlare anche della prima”, è il primo avviso al Pd che.Roberto Calderoli ha lanciato dalle colonne del quotidiano La Padania. Secondo: la “presidenza della Camera sarebbe un buon inizio di dialogo e sarebbe poi accettabile che il Pd prenda la presidenza del Senato”. Terzo: “Il capo dello Stato non deve essere espressione di una sola parte politica”.

Che la Lega abbia tutto l’interesse di tornare a dire la sua a Roma ne è convinto innanzitutto Umberto Bossi, che da giorni in via Bellerio ripete che “i voti della Lega in Senato sono importanti e bisogna farli pesare” e che “contiamo anche noi”. Non solo per dare visibilità al Movimento, ma anche perché far “pesare” i voti dei senatori leghisti può aiutare a raggiungere gli obiettivi principali della Lega, in primis macroregione e revisione del patto di stabilità.

Una posizione che sembra non troppo lontana da quella espressa in queste ore da Roberto Maroni, che almeno per i temi che riguardano il “territorio” ha affermato di voler “coinvolgere gli amministratori al di là del colore politico” e ha assicurato: “Non ragioneremo più sull’asse orizzontale destra-sinistra, ma su quello verticale nord-sud”. Quasi un preludio ad alleanze finora considerate improponibili.

Seppur impegnato sul fronte “nordista”, investito della nuova carica di presidente della Regione Lombardia, oggi Maroni ha ribadito l’auspicio di un governo che duri 5 anni. “La Lega che vuole la Macroregione del nord – spiega chi è vicino al leader leghista – ha bisogno di un governo stabile. Altrimenti con chi trattiamo?”. Che ciò possa però portare la Lega a sostenere con i suoi voti un governo a guida Bersani “è da escludersi assolutamente”, anche perché si guasterebbero immediatamente i rapporti con l’alleato Pdl, con conseguente probabile caduta delle giunte di Piemonte, Veneto e Lombardia.

A Roma, ha ripetuto anche oggi Maroni, ci si va per portare a casa il risultato, a cominciare dalla revisione del patto di stabilità per i comuni “convincendo il governo a modificarlo o costringendolo”, per esempio se i 1500 sindaci di Lombardia e Veneto “lo violano”.

Ma se in casa leghista si esclude che Maroni possa lanciare apertamente “offerte”, è ben chiaro a tutti che se “i voti al Senato sono risicatissimi”, nello stesso tempo “sono strategici”, perché con l’ipotesi che alcuni partiti possano uscire dall’Aula al momento del voto non ci sarebbe il numero legale”, viene spiegato da chi è vicino ai vertici. E “i 18 voti leghisti risulterebbero strategici, se non determinanti”. Ipotesi rafforzata dalla considerazione condivisa nel gruppo dirigente leghista che un ritorno immediato alle urne non sarebbe favorevole al Carroccio.

“Domani, dopo l’incontro col pd, avremo un po’ più chiara la situazione – ha osservato Massimo Bitonci, indicato oggi capogruppo al Senato della Lega – Il nostro gruppo al Senato, siamo in 18, può dire la sua. Noi comunque siamo lì per fare il sindacato del nord, al di là degli schieramenti. Siamo lì per far gli interessi dei cittadini e delle aziende del nord”.

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