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Passa Grasso in Senato, ora si lavora a intesa Pd-Monti-Lega
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Passa Grasso in Senato, ora si lavora a intesa Pd-Monti-Lega

Passa Grasso in Senato, ora si lavora a intesa Pd-Monti-Lega
M5S si divide, montiani possibilisti: si riapre partita Quirinale


Roma, 17 mar. (TMNews)
– “Ora c’è da fare il governo: e l’intesa tra Pd, montiani e Lega è possibile”, dice un eletto di Scelta Civica. L’elezione di Pietro Grasso alla presidenza del Senato sblocca lo stallo istituzionale, e in molti, tra i tre soggetti interessati, vedono ora un po’ più possibile arrivare alla formazione del governo. E con una maggioranza piena anche senza il Pdl: 161 senatori, contando i 122 di Pd-Sel, i 22 di Con Monti per l’Italia, e i 17 della Lega. Senza contare i segnali di cedimento nel monolite a Cinque Stelle. Peraltro, con i grillini magari fuori dall’Aula al momento della fiducia, basterebbe anche un voto d’astensione dei leghisti per garantire il numero legale e dunque il via libera al governo.

Interessi convergenti, quelli del centrosinistra, con la necessità di governabilità rimarcata più volte dai montiani e con il timore di un ritorno al voto per il Carroccio. Tanto che ora, dentro Scelta Civica, spiegano: “A noi la governabilità sta molto a cuore. Ma un governo con i grillini sarebbe un suicidio, così come un governo di minoranza. E dunque i voti si devono andare a cercare dove sembrano disponibili, ovvero nella Lega. Che comunque è un pezzo d’opposizione: se le larghe intese sono a 161 senatori o sono a 250, cambia poco. Sempre larghe intese sono….”. Il Carroccio per ora nicchia: “Inviti da altri senatori ce ne sono arrivati molti, dopo l’elezione di Grasso. In parecchi, dal Pd, ci hanno invitato a prenderci le nostre responsabilità. Per ora una proposta non c’è, credo siano in corso solo abboccamenti, ma sembra probabile che un’offerta seria arrivi”, dice un senatore del Carroccio.

Del resto, anche i montiani ora cercano di riallacciare i rapporti con Bersani, dopo lo strappo consumatosi ieri notte sui nomi per le presidenze. Raccontano che lo stesso Monti, oltre a un colloquio ieri mattina, abbia nuovamente cercato il segretario del Pd subito dopo l’elezione di Grasso. La nottata tra venerdì e sabato aveva visto consumarsi la rottura, con Scelta Civica ferma sul nome di Monti per il Senato, e il Pd che a quel punto chiudeva sulla proposta che poi sarebbe stata ufficializzata la mattina: Pietro Grasso e Laura Boldrini. Poi i contatti tra gli sherpa nel corso della giornata, quando si andava verso il ballottaggio Grasso-Schifani al Senato e i montiani provavano a convincere il Pd a proporre al Pdl un loro nome diverso dal presidente uscente: Malan, Quagliariello, Sacconi, ma niente da fare.

La riunione di Scelta Civica per decidere la posizione è fissata per le 14, ma Monti arriva e spiega che deve ancora avere dei colloqui e dunque è il caso di riaggiornarla alle 15,30. E a quell’ora, l’esito dei colloqui porta alla decisione di votare scheda bianca: deluse le speranze del centrodestra che per tutto il giorno ha premuto per una convergenza su Schifani. E segnale di apertura a Bersani: “La drammatica situazione del Paese richiede una coraggiosa impostazione riformatrice che solo situazioni che siano rappresentative di una forte coesione nazionale possono assicurare”, si legge nella nota dei montiani che annuncia la scheda bianca. Anche se nella riunione nessuno aveva apertamente proposto il voto di Schifani, anzi: diverse voci avevano sottolineato l’altissimo profilo di Grasso, spiegando che non si poteva rischiare di affossare quella candidatura. Alla fine dunque scheda bianca, con tanto di ‘controllo’ del voto: i senatori passerano velocissimi nell’urna, per mostrare chiaramente che nessuno si fermerà a scrivere alcun nome. “Noi vogliamo rimanere terzi – spiega un montiano – e non potevamo votare per nessuno in Senato, dopo che alla Camera avevamo votato bianca”.

E il sostanziale ‘via libera’ dei montiani all’elezione di Grasso, riapre ora la partita del Quirinale: “Da lì passa tutto”, spiega un altro montiano. “Se riusciamo a ‘imporre’ al Pd un presidente che ha a cuore la durata della legislatura e non uno che abbia il ‘mandato a sciogliere’, allora vorrebbe dire che è possibile un’intesa”. Tradotto, “Prodi significa voto, D’Alema magari no…”.

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