Fin dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus si è subito capito quanto fosse importante mettere in sicurezza le aree del pronto soccorso negli ospedali. Proprio dove transitano pazienti che necessitano delle cure più diverse, e dove si affrontano in prima battuta i casi di emergenza e urgenza, il virus, in molti nosocomi italiani, ha avuto modo di entrare facilmente e di contagiare propagandosi tra utenti e personale sanitario.
Col tempo si sono creati appositi pre-triage, nelle famose tende dell’esercito, e controlli mirati per verificare che nessun utente portasse, involontariamente, il Covid-19 nei nosocomi passando da questi “accessi dedicati”, ma ora il DIRMEI ridefinisce le linee guida sulle procedure di ingresso al pronto soccorso affinché non si formino focolai Covid che obbligherebbero, tra le altre emergenze, a fermare l’attività per le necessarie sanificazioni.
Test molecolari per trovare il virus
Innanzitutto per individuare casi Covid si devono adoperare solo i test molecolari (il classico tampone). È ammesso, in via del tutto eccezionale, l’uso di test antigenici (che cercano la presenza di proteine virali in grado di legarsi ad anticorpi), ma solo di 3a generazione e alle seguenti condizioni: il test dev’essere eseguito entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi (periodo entro cui l’Ecdc ha riscontrato una sensibilità del test pari al 95%), c’è una momentanea impossibilità della struttura di eseguire i molecolari, il reparto si trova in una situazione di sovraccarico di lavoro.
L’individuazione di un possibile soggetto positivo al virus dev’essere accertata anche tramite una dettagliata indagine di pre-triage che, sulla base di una raccolta di elementi epidemiologici (ambiente di vita e di lavoro, eventuali esposizioni) e clinici (sintomi), stabilisca se il soggetto abbia una bassa o alta probabilità di malattia. Se il rischio è basso, il paziente può fermarsi al pronto soccorso (per piccola traumatologia, problematiche odontoiatriche, oculistiche, etc.), non è necessario il tampone e quindi può essere instradato nel percorso “no-Covid”. Se invece per il malato si prevede un periodo di osservazione lungo o un eventuale ricovero, si esegue il tampone che resta d’obbligo per tutte le persone con alta probabilità di malattia,
«La pandemia – commenta l’assessore alla Sanità Luigi Icardi – ha generato una grande pressione sulle strutture di emergenza, che sono state chiamate ad assistere tanto i pazienti affetti da Coronavirus, quanto tutti coloro che, vittime di altra patologia acuta, hanno continuato a farvi riferimento. Il persistere dell’emergenza ha reso sempre più cogente l’attuazione di una corretta valutazione del rischio per ogni paziente che accede in Pronto soccorso, per cercare di evitare il più possibile che il virus possa diffondersi in ambiente ospedaliero».
«La procedura che abbiamo definito – spiega Emilpaolo Manno, direttore del DIRMEI – garantisce, da un lato, il rigore necessario per fornire una risposta affidabile e tempestiva al rischio di infezione e di contagiosità delle persone, e, dall’altro, è sufficientemente snella da poter essere integrata nella normale attività dei pronto soccorso, senza aggravarne eccessivamente i carichi di lavoro».