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Il dirittodi perdersitra le note
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Il diritto
di perdersi
tra le note

" …Hlaupandi inn í okkurVill springa út úr skel… "("…Corriamo dentro di noiE vogliamo uscire dal nostro guscio…")- da "Hoppípolla", Sigur Rós -Perdersi tra

" …Hlaupandi inn í okkur
Vill springa út úr skel… "
("…Corriamo dentro di noi
E vogliamo uscire dal nostro guscio…")

– da "Hoppípolla", Sigur Rós –

Perdersi tra le note. A me succede di continuo. Nonostante ascolti spesso la musica con orecchio attento, forse un po’ troppo tecnico a volte, è nel momento in cui la mente si astrae cullata solo dalle melodie, dagli accordi o dal ritmo che inizio a percepire in modo profondo la potenza evocativa delle suggestioni sonore. Mi è capitato di nuovo qualche notte fa, proprio nel momento del relax assoluto, quando cioè, al termine di una lunga giornata, arriva finalmente l’agognato istante in cui non resta che coricarsi sul letto, rilassarsi e dedicare a sé stessi qualche attimo prima di addormentarsi. Auricolari, lettore mp3 (o simili) e un buon disco a passare nei padiglioni auricolari.

In quel caso era “Longplay 2” (2008), secondo album degli americani Pacific UV (da Athens, Georgia), band generalmente classificata come indie-rock per lo più strumentale ma in realtà perfetto crocevia tra dream pop, post rock, shoegaze e, secondo alcuni, space rock. Definizioni astruse. Anche inutili, volendo. Se un disco o una canzone piacciono, chi se ne frega di come classificarli? Un discorso vecchio almeno quanto il concetto di critica, di qualunque tipologia essa sia. Onanismi lessicali a parte, in tempi di inaspettata esplosione di SigurRósmania (sui quali non ci dilungheremo in questa sede), mi sento di consigliare i Pacific UV praticamente a chiunque (cliccate per credere, e anche qui).

Il punto di tutto questo panegirico, comunque, non volevano essere i poveri Pacific UV (che riconsiglio a tutti – anche l’ “autorevole” Pitchfork li aveva recensiti con un bel 7,9 ai tempi: chi se ne frega numero 2), ma la musica che ascoltiamo in genere. Ora, il sottoscritto è un talebano della peggior specie che impallinerebbe la metà degli artisti da top-10 nel mondo delle sette note. Eppure negli anni credo di essere arrivato a una sana e realistica conclusione: è quando impari ad amare compositori come John Lennon o Trevor Rabin (per citarne due a caso) che riesci a capire il motivo per cui puoi anche amare (in modo più istintivo e meno cerebrale) qualcosa di oggettivamente meno valido dal punto di vista artistico o totalmente sottomesso al più reazionario gusto individuale. E il motivo è che non c’è nessun motivo.
Uno a zero, palla al centro. Posso tornare ad ascoltare Gianni Drudi. Olè.

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