Mostra antologica di pittura di Francesco Argirò (1922-2002): abbiamo intervistato al figlio Giuseppe
Dal 3 settembre al 31 ottobre 2016, presso la Cantina Terre dei Santi di Castelnuovo Don Bosco, si è svolta la mostra Colline e vigneti del Monferrato, in cui sono stati esposti quadri di Francesco Argirò. Abbiamo incontrato il figlio Giuseppe e gli abbiamo posto alcune domande.
Che tipo di soggetti ritraggono i quadri esposti? Come è stata organizzata la mostra?
Abbiamo raccolto alcune delle opere di Francesco Argirò, soprattutto quelle dedicate al paesaggio monferrino ed alla vite, adatte ad essere esposte in una Cantina Sociale in un periodo, quello autunnale, ricco di eventi dedicati alla vendemmia, al vino, alla celebrazione del paesaggio astigiano. La mostra è una retrospettiva “a tema”, che non ha finalità commerciali, ma quella di celebrare l’opera di un uomo che si definiva “poeta, pittore, contadino”.
È piaciuta ai critici, ai visitatori e ai giornali?
Molti articoli hanno riportato la mostra ed espresso parole di apprezzamento: la critica è sempre stata positiva nei confronti di Francesco Argirò e continua ad esserlo, a quattordici anni dalla sua scomparsa. I numeri dicono che la mostra è stata molto visitata!
Francesco Argirò era un pittore professionista?
Se per professionista intendiamo una persona che svolge in via esclusiva l’attività pittorica, traendo dalla vendita dei quadri i propri guadagni economici, non lo era. Tuttavia, se vogliamo attribuire alla parola professionista un senso più ampio, di persona esperta, preparata e professionalmente dedita ad un’attività artistica, Francesco Argirò era un artista certamente non dilettante, che è stato capace di trasformare una passione in un’attività continuativa e riconosciuta.
Dove ha imparato a dipingere?
Sembra che, alla fine degli anni ’40, un pittore affermato abbia dimenticato dei colori dopo una sua mostra personale e che con questi colori Francesco Argirò abbia fatto i suoi primi “esperimenti”, incominciando a praticare il pennello sulla tela. Ha così scoperto un talento latente, che ha poi potuto affinare con lo studio dei movimenti artistici del ‘900, con la frequentazione di pittori esperti e successivamente di corsi di perfezionamento presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
A quale pittore o a quali pittori si ispirava?
Nelle diverse fasi del suo percorso artistico è stato ispirato ed influenzato da diversi movimenti artistici, dapprima dagli espressionisti e dalla pittura italiana (De Pisis, Guttuso, Carrà, Sassu), successivamente le sue opere hanno assunto i colori e i tratti dell’impressionismo.
Quali tecniche usava?
La maggior parte della sua produzione è di “olio su tela”, ma personalmente apprezzo moltissimo alcune sue opere di grafica (china), in particolare quelle che richiamano la tecnica del “puntinismo”, seppur in bianco e nero.
Quali sensazioni avete provato nel raccogliere ed esporre queste opere?
E’ stata un’occasione per rivivere momenti passati, riportare in primo piano ricordi sopiti della nostra vita famigliare, apprezzare una volta di più quanto nostro padre ha fatto nella sua vita di artista. Le opere di un artista lo rendono immortale, continuano a rappresentare la sua sensibilità, ne restituiscono la presenza, anche fisica, attraverso pennellate ed anche impronte tattili che i colori hanno fissato, per sempre, sulla tela. Francesco Argirò vive nelle opere che noi ammiriamo.
Classe II A: Gabriel Argirò, Lorenzo Dapavo, Diego Mustacciu, Edoardo Santi