Siamo noi, nessun altro, ad essere chiamati in causa dalle lontane stanze di Montecitorio. Noi studenti siamo gli attori protagonisti di quella che si sta rivelando l'ennesima tragedia
Siamo noi, nessun altro, ad essere chiamati in causa dalle lontane stanze di Montecitorio. Noi studenti siamo gli attori protagonisti di quella che si sta rivelando l'ennesima tragedia parlamentare, dove a volgere i fili del nostro destino sono parche che assomigliano sempre di più ad isterici sindacalisti e polemici politici. Il titolo della tragedia è ?La Buona Scuola': un obiettivo quasi utopico che però rappresenta un passo fondamentale per costituire uno stato sano. La riforma è stata oggetto della più grande consultazione mai vista; prima di passare nelle mani della camera, infatti, il DDL è stato con trasparenza esposto sul web tra il 15 settembre e il 15 novembre scorso, sollevando numerosissimi commenti tra i quali, duole dirlo, pochi appartenenti ai diretti interessati: gli studenti.
Questo non è tuttavia da biasimare in quanto appare difficile per i giovani muoversi all'interno di un disegno del genere in cui tengono banco questioni spinose come il precariato e la gestione del denaro dei contribuenti. La spinta propulsiva della riforma arriva a coinvolgere aspetti particolarmente tormentati delle nostre scuole come quello dell'edilizia scolastica che vive la contraddizione di chi vorrebbe collocare la lavagna elettronica in classi le cui pareti cadono a pezzi. Ad oggi sono pochi i risultati e il botta e risposta è ancora vivo su questi e altri punti della ?Buona Scuola' che appaiono invece più accessibili ai giovani; è infatti in discussione il ruolo del preside che, seguendo il DDL, andrebbe ad assumere un potere pressoché assoluto all'interno delle singole realtà scolastiche, potendo decidere della sorte degli insegnanti in un'ottica che, ottimisticamente, dovrebbe essere strettamente meritocratica.
L'idea di un ?Leviatano' che si aggira tra i fatiscenti corridoi del scuole ha sollevato un vespaio, rendendo tale punto il più discusso e il più interessante da affrontare: incuriosice, infatti, che la ?casta' degli insegnanti si sia sollevata al pensiero che il proprio operato venga valutato da un uomo, come succede al resto del mondo lavorativo. Se da un lato ciò potrebbe, effettivamente, portare ad un clima insicuro ed ostile, dall'altro darebbe, forse, impulso alle innovazioni e all'inventiva personale, fondamentale per chi forma i giovani per un mondo che cresce e si innova ad altissima velocità. Su tutto ciò giganteggia però lo spettro del clientelismo, una piaga che, purtroppo, sembra essere entrata a far parte dell'identità italiana, come la pizza e i cinepanettoni. Varrà la pena correre un tale rischio in virtù della prospettiva di una scuola più agile e moderna? L'ennesimo amaro interrogativo che tocca noi giovani italiani.
Riccardo Ronco