«Il ricorso all’aspettativa senza stipendio per chi svolge professioni sanitarie e non vuole vaccinarsi deve essere la soluzione estrema, da prendere in considerazione solo se non si può fare altrimenti».
Ad affermarlo Salvatore Bullara, responsabile della Cisl Fp di Asti, categoria sindacale che lunedì, con una nota, ha invitato le Amministrazioni interessate a seguire le norme sulla sicurezza, diffidandole da «iniziative unilaterali con sospensioni dal servizio».
Il riferimento è all’articolo 4 del Decreto legge 44 del 2021. «Il provvedimento prevede un’articolata serie di passaggi – commenta Bullara – che distinguono chiaramente tra coloro che non vogliono vaccinarsi per ragioni personali e coloro che non possono farlo per motivi di salute certificati».
Per quanto riguarda questi ultimi, il Decreto «si muove nell’ambito del testo unico sulla sicurezza» e non apporta novità sostanziali all’attuale quadro normativo e contrattuale. Ovvero, i dipendenti in questione vanno collocati a svolgere altre mansioni seguendo le normative di sicurezza previste.
Il ricorso al periodo di aspettativa
«Per coloro che scelgono di non vaccinarsi, invece – prosegue – siamo nel campo di una norma speciale, in base alla quale gli operatori sanitari che non si vaccinano possono essere destinati a mansioni diverse non a contatto con l’utenza. O, nell’impossibilità di tale collocazione, sospesi dal servizio e senza stipendio fino all’assolvimento dell’obbligo o al completamento del piano di vaccinazione nazionale (comunque non oltre il 31 dicembre 2021)».
«Come sindacato, tuttavia – continua – rimarchiamo l’importanza di ricorrere al periodo di aspettativa solo come soluzione estrema. Ad esempio, se una casa di riposo è comunale, l’operatore sanitario in questione può essere spostato ad altra mansione nell’ambito dei servizi comunali in generale, quindi anche al di fuori della struttura».
«Rimaniamo comunque a disposizione dei dipendenti che necessitino di chiarimenti per la tutela del posto di lavoro».