Gentile direttore,la lettura di numerosi articoli apparsi sui quotidiani e sui settimanali locali, che riportano la drammatica notizia della chiusura di interi reparti dell'ospedale di Asti in
Gentile direttore,
la lettura di numerosi articoli apparsi sui quotidiani e sui settimanali locali, che riportano la drammatica notizia della chiusura di interi reparti dell'ospedale di Asti in favore di un loro trasferimento presso il nosocomio di Alessandria, non può che provocare un moto di ribellione, posto che la tutela della salute è un bene primario e assoluto e il paventato spostamento di intere strutture oltre a provocare un disagio per i pazienti e i loro cari al seguito, in alcuni casi, può essere di assoluto pregiudizio per chi invece ha un diritto costituzionalmente garantito ad essere curato secondo parametri di eccellenza. La finalità di detta operazione, sempre secondo quanto riportato dagli organi di stampa che hanno intervistato i promotori dell'iniziativa, nella fattispecie il presidente della regione Chiamparino e l'assessore della sua giunta Saitta, consisterebbe in una migliore razionalizzazione (sic!) del servizio e in un risparmio di risorse economiche.
Sul primo punto ci si dovrebbe severamente interrogare se può essere considerato razionale che una città capoluogo di provincia (ma esistono ancora le province?), con un bacino di utenza di oltre centomila abitanti, possa venire privata di reparti di assoluta eccellenza come quello delle malattie infettive che risulta ospitare pazienti addirittura provenienti da altre zone del Piemonte, atteso l'alto livello della struttura che dispone di apparecchiature e dotazioni che non possono essere smontate e trasferite ad Alessandria; si pensi poi al reparto di geriatria dove persone anziane e i loro cari si vedranno costretti a fare continue peregrinazioni ad Alessandria; si consideri che in tali casi l'uso dell'ambulanza è assolutamente necessario e questo con costi evidentemente rilevanti; doveroso poi appare evidenziare le conseguenze che avrebbe la chiusura del reparto di chirurgia vascolare che opera in regime di urgenza e che, in caso di trasferimento in altra sede del paziente dall'astigiano alla provincia limitrofa, può comportare un aumento del rischio di mortalità per chi deve essere operato con un intervento che deve iniziare con la massima rapidità.
Sul punto risparmio è bene chiarire che nessuno pretende il pronto soccorso sotto casa, ma nemmeno di ritornare a situazioni pre – napoleoniche. Se poi si deve porre l'accento sui tagli ai capitoli di spesa che si devono affrontare per recuperare risorse soprattutto da utilizzare per la sanità si possono eliminare finanziamenti a manifestazioni e feste di varia natura, opere inutili e non ultimo deliberare una diminuzione radicale dei faraonici stipendi di funzionari, dirigenti e consiglieri regionali con relativi emolumenti. Infatti bisogna interrogarsi su come mai si è potuti pervenire ad una tale situazione e chiedere conto in ogni sede, anche giurisdizionale, a chi è (ed è stato) retribuito con cifre impensabili in ogni altro Stato ed ha portato la sanità piemontese in queste condizioni.
Affermare come ha fatto il presidente Chiamparino che non si dialoga con chi popone ricorso al Tar avverso il progetto di riorganizzazione significa non avere chiaro il quadro istituzionale in cui si opera posto che "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi" (articolo 24 della Costituzione) e questo certamente poiché , nel caso di specie, "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti" (articolo 32 della Costituzione). Inoltre se, anche con una valutazione di tipo statistico,venisse dimostrato che il progetto di riorganizzazione, dopo le innumerevoli segnalazioni poste all'attenzione degli organi competenti, comporta un aumento apprezzabile di decessi, l'attenzione dovrebbe doverosamente essere rivolta non già al Tar, ma alla giurisdizione ordinaria.
Pierpaolo Berardi
Avvocato