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«Scorsese», una mostra sul regista al Museo del Cinema
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«Scorsese», una mostra sul regista al Museo del Cinema

E’ intitolata semplicemente così, «Scorsese», solo con il cognome del grande cineasta americano, senza bisogno di diaframmi o ulteriori dettagli. Un «viaggio affascinante nell’universo privato

E’ intitolata semplicemente così, «Scorsese», solo con il cognome del grande cineasta americano, senza bisogno di diaframmi o ulteriori dettagli. Un «viaggio affascinante nell’universo privato di uno dei più significativi registi del secondo Novecento», come indicato nel catalogo della mostra, ospitata al Museo nazionale del cinema, negli spazi della Mole Antonelliana, a Torino, fino al 15 settembre. Una mostra che parte dall’Aula del Tempio, il cuore della Mole, con un omaggio scenografico a New York, protagonista di molti lungometraggi di Scorsese, spesso ambientati a Little Italy, quartiere un tempo abitato prevalentemente da immigrati italiani, dove il regista è cresciuto, e che propone alcuni suggestivi oggetti di scena, dai costumi di «Gangs of New York» al meraviglioso vestito rosso indossato da Michelle Pfeiffer ne «L’età dell’innocenza», proveniente dagli archivi della Sartoria Tirelli di Roma.

Ma questo è solo l’inizio. Lungo la rampa elicoidale, infatti, il percorso espositivo propone una ricca galleria di materiali (fotografie, bozzetti, lettere, partiture musicali, manifesti), ospitati su pannelli, in corner attrezzati, nelle vetrine a sbalzo e nelle nicchie della Mole, alcune delle quali adibite a piccole sale di proiezione. Nove le aree tematiche, corrispondenti ai temi forti del cinema del settantenne regista di «Taxi Driver»: «La famiglia», «Fratelli», «Uomini e donne», «Eroi solitari», «New York», «Il cinema», «Le riprese», «Il montaggio» e «La musica».

Non stupisce, dunque, che nel repertorio della mostra torinese compaiano foto di famiglia, disegni d’infanzia, arredi, documenti personali. Come la lettera che Scorsese scrisse nel 1979 a colleghi e colleghe in occasione della sua campagna per la produzione di pellicole a colori più stabili, esposta insieme alle risposte ricevute alla sua sollecitazione, quelle di Akira Kurosawa, Steven Spielberg e Volker Schlöndorff. Dal suo archivio provengono anche gli splendidi manifesti originali di film a lui cari o le scarpette rosse che indossava Moira Shearer nel film di Michael Powell ed Emeric Pressburger, fino allo storyboard di uno Scorsese undicenne. Come ha scritto Alberto Barbera, direttore del Museo, «ricordi, frammenti, impressioni, oggetti d’amore e di desiderio, come tessere di un gigantesco mosaico i cui confini finiscono per identificarsi con il monumento d’immagini che è l’opera cinematografica di Scorsese, cioè la sua stessa vita».

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