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Attualità

200 anni fa la nascita di Don Bosco
«Ha insegnato a non stare a guardare»

Con un tempo che, dopo aver infradiciato le migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, ha invece graziato i fedeli che hanno raggiunto il piazzale del Colle, si è chiuso domenica mattina

Con un tempo che, dopo aver infradiciato le migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, ha invece graziato i fedeli che hanno raggiunto il piazzale del Colle, si è chiuso domenica mattina l'anno del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. Stimata la presenza di circa 5 mila persone che hanno affollato la scalinata e gli spazi ai piedi della basilica dove don Angel Fernandez Artime, decimo successore di Don Bosco, ha presieduto la messa su un palco degno dei migliori concerti rock alla presenza dell'arcivescovo di Torino monsignor Nosiglia.

Una grande festa che è arrivata a conclusione di due giorni di arrivi continui fra Castelnuovo Don Bosco e la frazione dei Becchi, seppur frenata dai violenti temporali che hanno rovinato un po' l'evento e hanno spostato di mezz'ora l'inizio della messa di domenica per consentire ai tecnici di ripristinare tutti i collegamenti elettrici. Ma quando don Artime ha preso la parola, la febbre per lo storico appuntamento ha preso il sopravvento: «Benvenuti a tutti voi che siete intervenuti per il compleanno di Don Bosco». L'entusiasmo più grande, ovviamente, è stato quello dei ragazzi del movimento giovanile salesiano, assiepati sulla grande scalinata di fronte al palco con l'altare che hanno animato con canti e coreografie iniziali. E quando il rettore maggiore si rivolge a loro ottiene due risposte scontate: «Siete stanchi? Siete felici? » ottenendo due grandi “sì”.

«200 anni fa qui in questo luogo preciso veniva al mondo un bambino che sarebbe diventato padre e maestro della gioventù del mondo – ha detto don Artime nell'omelia – ringraziamo il Signore per il dono che ci ha fatto, per un Don Bosco che ha cominciato il suo cammino di grande sacerdote sulle ginocchia di Mamma Margherita, che ha alimentato il suo carisma negli incontri con i suoi maestri di vita e di fede e rinforzato nella sua vita quotidiana fra i giovani». Il rettor maggiore non risparmia definizioni per Don Bosco, tutte perfettamente attuali e calzanti: «profondamente uomo e profondamente uomo di Dio, una figura completa, un piemontese universale, un figlio del tempo che ha saputo anche essere tessitore della storia». L'eredità di Don Bosco a 200 anni dalla sua nascita? «Saper guardare al passato con gratitudine, vivere il presente con speranza e lavorare per un futuro  con novità e forze evangeliche inedite, questa la scommessa della grande famiglia salesiana».

Tanti i riferimenti anche a Margherita Occhiena, la madre di Don Bosco che non solo lo avviò alla fede cristiana nei primi anni della sua vita, ma lasciò le colline dei Becchi (che domenica scorsa si sono presentate in tutto il loro splendore estivo) per seguire il figlio a Torino ed affiancarlo nella straordinaria avventura che fu l'invenzione degli oratori. «Non possiamo dimenticare ciò che Papa Francesco ha sottolineato nella sua visita a Torino e cioè che non si può capire Don Bosco senza pensare a Mamma Margherita – ha ricordato ancora don Artime – e ha insegnato a tutta la famiglia salesiana la necessità di evidenziare moelli femminili affidabili di donne che sanno amare ed agire con la tenerezza del cuore e gli occhi di Dio». Ultima “eredità” lasciata da Don Bosco è forse la più attuale e moderna: «Ci ha insegnato a non stare a guardare» ha detto don Artime in chiusura del suo intervento.

Daniela Peira

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