Qualche giorno fa il Museo del Territorio di Biella ha organizzato un incontro culturale nel quale si è parlato di mummie dell’Antico Egitto, in occasione dei 100 anni dalla scoperta del sarcofago di Tutankhamon. Incontro nel quale si è parlato della “Signora delle Ninfee” di Asti (è stata ospite l’archeologa Mariacristina Marchegiani, conservatore del Civico Museo Archeologico di Asti), la più importante mummia custodita nella nostra città (ce ne sono due) che sta facendo discutere, ma per motivi ben poco accademici. Nel numero scorso abbiamo raccontato come le mummie di Asti siano state depositate in municipio, nell’ex ufficio del Protocollo, a piano terra vicino alla sala degli uscieri.
Una decisione inevitabile, ma necessaria in attesa che i reperti possano trovare collocazione nella nuova ala archeologica del Museo Lapidario di corso Alfieri. È la lista Uniti si può che interviene sul caso delle mummie in comune partendo da un dato: «La Signora delle Ninfee è un fiore all’occhiello della collezione archeologica astigiana: di Signore tebane (forse) simili, vissute 3.000 anni fa, ce ne sono infatti così poche, che dovrebbe essere un privilegio e un dovere valorizzarle. Così non sembra pensarla il nostro assessore alla Cultura, che non ha minimamente sponsorizzato l’evento (di Biella ndr), forse convinto che la nostra Signora non sia una vetrina sufficiente come Matilda De Angelis a Teatro Alfieri».
Perché non è stata prevista un’altra collocazione?
Da Uniti si può si domandano perché le mummie, ma anche altri resti della sezione archeologica, siano tenute nascoste alla vista, in municipio, sebbene la Soprintendenza abbia scelto la collocazione per una questione ambientale che garantisca la salvaguardia del reperto. «Viene da chiedersi perché non si sia creato uno spazio museale temporaneo e nuovo con un microclima garantito come in tutti i musei che si rispettano, ma si è preferito chiuderla lì, forse, come spesso accade ormai da tempo, per superficialità e noncuranza culturale. Poco conta – spiegano la consigliera Vittoria Briccarello e Claudia Rozzo – che si stiano privando le scuole, i cittadini e i turisti di un unicum archeologico; poco conta se spazi ce ne sarebbero e basterebbe solo investirci sopra; poco conta se ad Asti abbiamo un reperto che molte città ci invidiano e che potrebbe essere anche fonte di ricchezza economica sana per il Comune. Ciò che conta è fare il meno possibile, mettere delle belle foto per qualche sponsorizzazione non richiesta ad hoc sui social, e affossare sempre di più la rete di Musei Civici Astigiani».
Il gruppo Uniti si può evidenzia, inoltre, che «nulla ha potuto nemmeno la sfarzosità della Fondazione Asti Musei in questo caso, perché le entrate delle mostre in affitto non sono state sufficienti a promuovere il progetto per uno spazio espositivo temporaneo per la “Signora delle Ninfee”».