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Attualità

A Camerano misura le api per costruire delle arnie “del benessere”

La straordinaria storia di Paulin Takumbo Takam che vuole rilanciare l’apicoltura in Camerun. E qui da noi regala semi per fare giardini con fiori utili alle api

Un agronomo di origini camerunensi

Dal Camerun a Camerano (e non è un gioco di parole) per studiare il benessere delle api e per costruire “su misura” le arnie che rispettino le dimensioni degli insetti più laboriosi e generosi che esistano in natura.
E’ la straordinaria storia di Paulin Takumbo, 32 anni, apicoltore arrivato in Italia nel 2008 per conseguire la laurea in Agronomia all’Università di Torino. Le api sono compagne di vita da sempre e i suoi studi sono sempre stati orientati verso una conoscenza precisa del loro mondo per trovare metodi che aumentassero le rese in modo da dare un futuro a chi, in Camerun, avesse voglia di intraprendere l’apicoltura.

Ha studiata un’arnia con distanziometro

E’ suo, ad esempio, lo studio e la realizzazione di un’arnia speciale che tiene conto del distanziamento corretto fra le api camerunensi che, per dimensioni, sono diverse dalle nostre. Calcoli precisi al decimo di millimetro per garantire alle api una casa-laboratorio confortevole che rispetta il loro benessere per una gestione moderna dell’apicoltura.
Questo suo progetto è già in fase sperimentale, alcune delle arnie da lui costruite sono già state messe a dimora in alcune radure del Camerun e i risultati non si sono fatti attendere; i report degli apicoltori pionieri che hanno accettato di aiutarlo in campo gli hanno riferito un sensibile aumento delle rese.

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Forma nuove famiglie di api

Per Paulin, però, la produzione di miele è solo una parte residuale della sua attività con le api. Grazie alla sua alta specializzazione, il titolare della PolyAgriNova è un punto di riferimento per altri apicoltori cui fornisce nuclei di api, api regine, polline.
«Secondo un metodo che segue la naturale evoluzione delle comunità delle arnie – spiega Takumbo – io creo nuove piccole famiglie di api da quelle più grandi. Questi nuclei, a loro volta, si moltiplicheranno e andranno ad incrementare il numero di individui».
Un lavoro certosino che si può intraprendere solo a fronte di una perfetta conoscenza della vita delle api che però quest’anno si è scontrato con le bizze meteorologiche che gli hanno creato un danno enorme.

Paulin Takumbo davanti alle arnie piene di api morte recuperate in montagna

L’inaspettato freddo ha provocato una moria

«I nuclei si fanno a marzo – spiega – per sfruttare tutta la stagione di fioritura locale e poi a giugno si portano in montagna dove, a causa del ritardo della fioritura, si trovano ancora molti fiori che servono alle api per aumentare le loro scorte da consumare per far crescere la “famiglia”. Quest’anno, come molti altri colleghi, ho portato le arnie in Val Chisone e in Val di Lanzo. Le ho portate su a inizio giugno ma i successivi giorni di maltempo e, soprattutto di bassa temperatura hanno sterminato tutte le famiglie. Le api sono morte di fame perché hanno prima consumato già le scorte che avevano messo da parte e poi non sono più uscite».

Compromessi due anni di lavoro

Un disastro che ha compromesso questo e il prossimo anno di attività.
«Non ho famiglie da vendere, non ho cibo per nutrire le altre e non ho famiglie abbastanza grosse per estrarre dei nuclei». Rimane tutto appeso all’attività residuale di vendita del miele prodotto dall’esubero del nutrimento delle api dell’anno scorso.
E pensare che il nomadismo non rientra nella filosofia di apicoltura di Takumbo.

Una delle arnie costruite da Paulin installata in Camerun

Nomadismo imposto da impoverimento locale delle piante nettarifere

«Io e altri colleghi siamo costretti a farlo perché da noi non ci sono più piante nettarifere a sufficienza. Una volta c’erano numerose piante cosiddette “indice” come l’acacia, il ciliegio, il castagno e il tiglio. Oggi sopravvivono solo gli ultimi due ma non bastano». Costringendo gli apicoltori a trasferire le arnie in montagna dove invece ci sono ancora produzioni di buona resa.
Di qui una proposta dell’apicoltore di Camerano. «Si potrebbe ritornare all’apicoltura stanziale intraprendendo una gestione del territorio più oculata, con la messa a dimora di alberi ed erbacee utili alle api».

Regalerà semi per creare giardini per le api

Lo spazio non ci manca e le foreste neppure, soprattutto nel nord della provincia e molti gerbidi potrebbero essere riconvertiti a campi in cui seminare un mix di erbe che garantiscono lunghe ed efficaci fioriture per le api.
«Noi siamo anche fattoria didattica e ai prossimi alunni che verranno a farmi visita intendo proprio regalare un sacchettino di semi chiedendo loro di realizzare tanti piccoli giardini per le api».

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